L’Articolo pubblicato da Fidji Simo, nuova CEO delle Applicazioni di OpenAI, è qualcosa di più di un semplice annuncio di insediamento: è una dichiarazione di intenti, un manifesto personale e al tempo stesso una visione pubblica sul futuro dell’intelligenza artificiale. Lontana dalle celebrazioni retoriche che spesso accompagnano questi passaggi di consegne, la voce di Simo attraversa con lucidità le possibilità e le sfide offerte dalla tecnologia generativa, indicando un orizzonte in cui l’empowerment, inteso come capacità di ciascun individuo di acquisire maggiore autonomia, consapevolezza e possibilità di azione grazie alla tecnologia, diventa il vero metro di misura del progresso.
Simo arriva da esperienze di vertice in alcune delle aziende più influenti degli ultimi dieci anni. Dopo aver guidato la Facebook App durante una delle sue fasi più complesse e dopo aver portato Instacart alla quotazione in borsa, non ha scelto di riposare su cariche onorifiche, ma ha voluto esporsi direttamente in uno dei terreni più delicati dell’attuale rivoluzione tecnologica. La sua nomina alla guida della divisione “Applications” di OpenAI non è solo un passaggio formale: è l’atto fondativo di una nuova fase, quella in cui l’intelligenza artificiale esce definitivamente dai laboratori per radicarsi nella quotidianità delle persone.
Nel suo testo, Simo espone una convinzione profonda: l’intelligenza artificiale ha il potenziale per diventare la più grande fonte di potere personale mai distribuita nella storia dell’umanità. Ma questo potere, avverte, non si distribuirà da solo. Per quanto neutra possa sembrare una tecnologia, essa finisce sempre per riflettere le scelte, le strutture e gli interessi di chi la costruisce. Senza un’azione deliberata, il rischio non è tanto quello di fallire, quanto quello di ripetere antichi schemi di concentrazione del potere e delle risorse.
Tutto il discorso ruota attorno alla possibilità di rovesciare questi meccanismi. Creare strumenti avanzati non basta: è necessario che siano realmente accessibili, comprensibili, utili. Democratizzare non significa semplicemente mettere a disposizione un software, ma progettare in modo che la sua interazione sia trasparente e significativa anche per chi non ha competenze tecniche. In questo senso, Simo descrive un’AI che agisce come catalizzatore di conoscenza, interprete sanitario, assistente creativo, leva economica, liberatore di tempo e, in alcuni casi, anche come sostegno emotivo.
Colpisce come ogni esempio che Fidji Simo porta sia profondamente radicato in esperienze vissute. Quando parla di salute, racconta la propria malattia cronica e la difficoltà, persino da persona privilegiata, di orientarsi in un sistema sanitario spezzato e opaco. Quando riflette sulla creatività, lo fa da pittrice dilettante, consapevole del divario tra ciò che immagina e ciò che riesce a rappresentare. Quando cita il lavoro autonomo, evoca l’esperienza della figlia, che a nove anni ha costruito da sola un sito web per la sua idea imprenditoriale. E quando ragiona sul valore del tempo, rilegge in controluce la sua storia con Instacart, azienda che ha costruito un nuovo modello di distribuzione partendo da un servizio percepito inizialmente come lusso.
La forza dell’articolo sta proprio in questo: la tecnologia non è un’entità astratta né una narrativa distaccata. È un fatto quotidiano, personale, emozionale. Ed è in questa prossimità che si gioca la sfida. L’AI non deve solo risolvere problemi, deve anche ridurre disuguaglianze, colmare vuoti, riconoscere fragilità. Il linguaggio scelto da Simo è preciso, diretto, persino affettuoso. Parla di fiducia, di chiarezza, di possibilità. Non invoca rivoluzioni, ma evoluzioni. Non promette miracoli, ma una costruzione paziente, condivisa.
Forse la parte più interessante di tutto il suo intervento è quella finale, in cui mette a fuoco il bisogno di supporto. In un mondo sovraccarico di stimoli e insicurezze, ciò che può fare la differenza non è solo un’informazione in più, ma un’intelligenza che ascolta, che guida senza giudicare, che aiuta a riflettere. È qui che Simo sembra toccare il cuore della questione: la vera potenza dell’AI non sta nel replicare i cervelli umani, ma nell’estendere la capacità di conoscersi e di prendersi cura di sé. E in questo, forse, si cela davvero la più grande fonte di potere del nostro tempo.

