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Il Conclave – chi guiderà la Chiesa tra diritti civili e intelligenza artificiale

Nel momento in cui il pontificato di Papa Francesco giunge al termine, si apre la fase del conclave: la riunione segreta in Cappella Sistina dove i cardinali elettori scelgono il nuovo Papa. Il conclave viene convocato quindici-venti giorni dopo la morte o le dimissioni di un pontefice, per dare modo ai cardinali di tutto il mondo (quelli sotto gli 80 anni, attualmente circa 135 su 252) di raggiungere Roma. Dal latino cum clave (“con la chiave”), il conclave si svolge a porte chiuse: gli elettori restano isolati e, salvo emergenze, non possono uscire fino all’elezione, per evitare interferenze esterne. Ogni giorno si tengono fino a quattro scrutini (due al mattino e due al pomeriggio). Ciascun cardinale scrive segretamente il nome del candidato che ritiene degno (“Eligo in Summum Pontificem…”) e depone la scheda in un’urna; al termine di ogni turno le schede vengono bruciate. Dalla celebre “fumata” che si leva dal comignolo della Cappella Sistina, i fedeli riconoscono l’esito: fumo nero significa che nessuno ha raggiunto la maggioranza richiesta, mentre la fumata bianca (insieme al suono a festa delle campane) annuncia che un nuovo Papa è stato eletto. Per la validità dell’elezione serve una maggioranza qualificata di almeno due terzi dei voti. Se dopo molte votazioni nessuno la raggiunge, si procede a ballottaggi tra i due con più consensi. Appena eletto, il nuovo Papa accetta l’incarico, sceglie il nome da pontefice, e appare alla loggia di San Pietro per l’Habemus Papam.

A eleggere il Papa sono dunque poco più di 130 cardinali provenienti da ogni continente. Essere considerati “papabili” – termine informale della tradizione vaticana che indica i candidati con più possibilità – è quasi un paradosso: spesso i grandi favoriti vengono scartati, mentre emergono soluzioni a sorpresa (basti pensare che Jorge Mario Bergoglio nel 2013 era ritenuto troppo anziano a 76 anni, e Karol Wojtyła nel 1978 non figurava in alcuna lista di favoriti). Ciò non toglie che, prima del conclave, analisti e vaticanisti traccino i profili dei principali candidati in base al loro prestigio, all’influenza che esercitano tra gli elettori e alla linea che potrebbero imprimere alla Chiesa. Di seguito presentiamo un’analisi dei porporati più accreditati per la successione di Papa Francesco, comprendendo sia i papabili più in vista – con particolare attenzione agli italiani – sia alcuni outsider: figure finora meno al centro delle previsioni ma portatrici di rinnovamento o sostenute da importanti correnti. Per ognuno vengono delineati un profilo biografico, una valutazione della probabilità di elezione, le idee espresse su temi chiave (diritti civili come LGBTQ+, aborto, immigrazione, ruolo della donna) e eventuali posizioni sull’intelligenza artificiale, nuova frontiera etica su cui anche la Chiesa inizia a interrogarsi.

Cardinale Pietro Parolin (Italia) – il Diplomático di Vertice

Profilo: Nato in Veneto nel 1955, Pietro Parolin è il Segretario di Stato vaticano, in pratica il “primo ministro” della Santa Sede. È stato per quasi tutto il pontificato di Francesco il suo collaboratore più stretto, il numero due del Vaticano. Veterano del servizio diplomatico, Parolin ha rappresentato la Santa Sede in Nigeria e Messico prima di essere chiamato da Papa Benedetto XVI a Roma. Sotto Francesco, è divenuto una figura chiave: ha fatto parte del Consiglio di Cardinali che assiste il Pontefice nel governo della Chiesa e ha giocato un ruolo cruciale nello storico accordo del 2018 tra Vaticano e Cina sulla nomina dei vescovi (un’intesa delicata per garantire unità alla Chiesa cinese). Conosce a fondo la realtà della Chiesa in America Latina e nel mondo intero. Il suo stile è sobrio e riservato, lontano dai personalismi: uomo di Curia di lungo corso, parla correntemente diverse lingue ed è apprezzato come mediatore da leader internazionali di ogni schieramento.

Probabilità di elezione: Alta. Parolin è considerato da molti il candidato più “naturale” alla successione, data la sua posizione di rilievo nella gerarchia cattolica. Sarebbe un pontefice in continuità con Francesco sul piano pastorale e geopolitico, ma riporterebbe un italiano sul trono di Pietro dopo tre papi stranieri. La sua profonda esperienza diplomatica e la rete di rapporti costruita in anni di servizio lo rendono gradito a un ampio spettro di cardinali moderati. Inoltre, potrebbe incarnare una scelta di equilibrio: abbastanza vicino a Francesco da garantirne l’eredità riformatrice, ma con uno stile meno carismatico e più “istituzionale” che potrebbe rassicurare i tradizionalisti. Di contro, qualcuno segnala come possibili fattori frenanti la quasi totale mancanza di esperienza pastorale diretta (non ha mai guidato una diocesi) e il coinvolgimento, seppur indiretto, del suo ufficio nel cosiddetto “scandalo di Londra” – la controversa gestione di fondi della Segreteria di Stato investiti in un immobile a Londra, vicenda che ha gettato ombre sulla trasparenza finanziaria vaticana. Nonostante queste riserve, Parolin resta uno dei papabili più forti in assoluto.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Come alto prelato della Curia, Parolin si è sempre espresso con equilibrio su temi etici, riflettendo la posizione ufficiale della Chiesa. In tema LGBTQ+, le sue parole più note risalgono al 2015 quando definì la legalizzazione dei matrimoni gay in Irlanda “una sconfitta per l’umanità”. Pur sottolineando di rispettare la volontà popolare, dichiarò che la Chiesa doveva rafforzare l’impegno evangelizzatore di fronte a tale risultato, ribadendo la concezione tradizionale della famiglia. Questo indica una linea dottrinale ferma sul matrimonio eterosessuale, anche se accompagnata dall’invito a un dialogo culturale più efficace. Sul tema dell’aborto, Parolin è un convinto difensore della vita fin dal concepimento, in piena sintonia con il Magistero: ha sostenuto iniziative pro-vita all’ONU e condannato ogni equiparazione dell’aborto a un diritto, parlandone piuttosto come tragedia che la società deve prevenire con il sostegno alle madri in difficoltà. Riguardo ai migranti, ha promosso innumerevoli appelli alla solidarietà internazionale: rappresentando il Papa in sedi come l’Assemblea Generale dell’ONU, ha chiesto ai governi di condividere le responsabilità nell’accoglienza di rifugiati e sfollati, richiamando i principi cristiani di carità e giustizia globale. Parolin ha anche riconosciuto l’importanza di ampliare gli spazi di partecipazione femminile nella Chiesa (Papa Francesco, con il suo appoggio, ha nominato varie donne in ruoli dirigenziali vaticani negli ultimi anni), pur senza mettere in discussione i limiti posti al sacerdozio femminile. In sintesi, il suo profilo è quello di un moderato fedele alla dottrina tradizionale, attento però a esprimere le verità della Chiesa in modo costruttivo e rispettoso verso tutti.

Visione sull’intelligenza artificiale: Parolin è uno dei pochi cardinali ad aver affrontato direttamente il tema dell’AI in contesti ufficiali. In diversi interventi ha definito l’AI una realtà “entusiasmante e al tempo stesso spaventosa”, da governare eticamente per il bene comune. Ha sottoscritto il “Rome Call for AI Ethics”, un documento promosso dal Vaticano per orientare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale al rispetto della dignità umana. In un discorso alle Nazioni Unite, ha insistito sulla necessità di regolamentare l’AI affinché siano tutelati valori come la privacy, l’equità e la sicurezza, specialmente riguardo all’impatto sui più giovani. Pur non essendo uno specialista tecnico, Parolin vede positivamente l’innovazione se accompagnata da adeguate linee etiche: secondo lui la Chiesa, in alleanza con scienziati e decisori pubblici, deve contribuire a guidare l’AI perché serva l’umanità e non ne mini la libertà e i diritti. Il suo approccio all’AI riflette dunque l’equilibrio tra apertura al progresso e attenzione ai rischi morali, in linea con la sensibilità espressa da Papa Francesco su questi temi.

Cardinale Matteo Maria Zuppi (Italia) – il Pastore del Dialogo

Profilo: Romano, 68 anni, Matteo Zuppi è Arcivescovo di Bologna e dal 2022 presiede la Conferenza Episcopale Italiana. Sacerdote dalla forte vocazione sociale, è legato alla Comunità di Sant’Egidio, nota per l’impegno ecumenico e la mediazione nei conflitti di tutto il mondo. Proprio Zuppi fu tra gli artefici della pace in Mozambico nel 1992, guadagnandosi reputazione di abile negoziatore. A Bologna, e prima ancora come vescovo ausiliare di Roma, ha dato prova di grande vicinanza agli ultimi: è frequente vederlo in bicicletta per le strade, parlare con i poveri, visitare carceri. Papa Francesco lo ha incaricato di delicate missioni diplomatiche, nominandolo inviato speciale per la pace in Ucraina nel 2023. Questa combinazione di esperienza pastorale di base e ruolo da “diplomatico di pace” ne fa una figura popolare e carismatica. Spesso accostato, per stile, a Papa Giovanni XXIII o a don Tonino Bello, Zuppi incarna un cattolicesimo inclusivo, di incontro e misericordia.

Probabilità di elezione: Alta. Tra i papabili, Zuppi è visto come il candidato ideale per chi desidera proseguire nel solco di Papa Francesco, accentuandone forse ancor di più l’aspetto pastorale. La sua lunga dedizione ai bisognosi e la capacità di dialogo con tutti (dai non credenti ai leader di altre fedi) gli hanno guadagnato stima trasversale. Molti cardinali di orientamento progressista lo sostengono come portabandiera di una “Chiesa in uscita” attenta alle periferie. Anche parte dei moderati potrebbe convergere su di lui, attratta dalla genuina spiritualità che esprime. Vi è tuttavia qualche riserva da parte dei settori più tradizionalisti: taluni temono che un pontificato Zuppi spingerebbe ancor più l’acceleratore su riforme pastorali poco gradite ai conservatori (ad esempio in tema di famiglia). Inoltre, il fatto di provenire dall’Italia potrebbe paradossalmente penalizzarlo: dopo due papi non europei, alcuni elettori potrebbero preferire continuare su figure “globali” e non tornare a un pontefice italiano. Zuppi stesso, con umiltà, ha dichiarato pubblicamente “Tranquilli, non tocca a me”, quasi a raffreddare le voci sul suo conto. Eppure il suo nome resta in cima alla lista: se il Conclave cercasse un successore che unisca innovazione nella continuità, il cardinale bolognese avrebbe serie chance di raccogliere i voti necessari.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Zuppi è considerato un moderato-progressista: saldo nei principi cattolici, ma molto aperto nell’approccio pastorale. Ha più volte sottolineato che la Chiesa “deve guardare alle persone come le guarda Dio”, cioè con sguardo di accoglienza incondizionata. In tema di omosessualità, pur ribadendo che il matrimonio è solo tra uomo e donna, invita a non escludere le coppie gay dalla benedizione di Dio: dopo che il Vaticano nel 2023 ha chiarito la possibilità di benedire in forma semplice le unioni omosessuali (senza equipararle al matrimonio), Zuppi ha spiegato pubblicamente che “non sarebbe una benedizione alla relazione (in sé), ma alle persone”. Questa sua mediazione – fedeltà dottrinale ma linguaggio pastorale inclusivo – è vista come un tentativo di tenere unita la Chiesa su un tema divisivo. Riguardo all’aborto, da presidente dei vescovi italiani ha confermato la linea pro-life senza sconti, ma evitando toni da “guerra culturale”: ha sostenuto piuttosto la necessità di offrire alternative e aiuti concreti perché nessuna donna si senta costretta ad abortire. Sull’immigrazione, Zuppi è in perfetta sintonia con Papa Francesco: ha denunciato l’indifferenza verso i migranti morti in mare e si è battuto per l’accoglienza diffusa, anche scontrandosi con posizioni politiche restrittive. Ad esempio, dopo tragici naufragi nel Mediterraneo, ha affermato che salvare vite umane viene prima di qualsiasi calcolo. Circa il ruolo della donna nella Chiesa, riconosce che è stato spesso marginalizzato: si è detto favorevole a maggiori responsabilità affidate alle donne laiche e ha salutato con favore l’istituzione del ministero di catechista aperto anche alle donne. Sul diaconato femminile in senso stretto non si è espresso nettamente, in attesa del discernimento collegiale, ma il suo atteggiamento è privo di chiusure pregiudiziali. In sintesi, Zuppi incarna una dottrina immutata vissuta però nel dialogo con la società attuale, mettendo al centro la dignità della persona e la misericordia.

Visione sull’intelligenza artificiale: Non risultano dichiarazioni approfondite di Zuppi sull’AI, segno che il tema è ancora relativamente nuovo nel dibattito ecclesiale. Tuttavia, possiamo inferire il suo possibile approccio dalla sensibilità generale che ha mostrato verso le sfide della modernità. Da pastore attento all’umanità concreta, Zuppi guarderebbe all’AI con interesse per le opportunità (ad esempio nel migliorare la comunicazione e l’evangelizzazione, o nel supportare la cura delle persone attraverso nuove tecnologie), ma al contempo con prudenza morale. Probabilmente sottolineerebbe, in continuità con il magistero di Francesco, che l’innovazione tecnologica deve sempre rispettare la centralità dell’uomo e mai sostituirsi al cuore delle relazioni umane. In un mondo in cui l’intelligenza artificiale avanza, Zuppi insisterebbe sull’etica della responsabilità: gli algoritmi – direbbe – non hanno coscienza né compassione, sta all’uomo usarli per il bene comune, evitando derive disumanizzanti. Sebbene indiretta, questa visione si allinea con l’idea di una Chiesa che non demonizza il progresso ma lo orienta al servizio dell’uomo.

Cardinale Luis Antonio Tagle (Filippine) – il “Francesco asiatico”

Profilo: Originario di Manila, 67 anni, Luis Antonio “Chito” Tagle è una delle figure più in vista del cattolicesimo asiatico. Arcivescovo di Manila dal 2011 al 2020, è stato creato cardinale da Benedetto XVI nel 2012 e già nel conclave del 2013 emerse come possibile papabile. Con Papa Francesco la sua stella è ulteriormente cresciuta: nel 2020 è stato chiamato a Roma come Prefetto di Propaganda Fide (oggi Dicastero per l’Evangelizzazione), incarico di primo piano che sovrintende alle missioni della Chiesa nel mondo. Tagle unisce a un solido background teologico (ha studiato negli Stati Uniti) uno stile comunicativo coinvolgente: racconta aneddoti, non teme di mostrarsi emozionato – celebre una sua omelia in cui pianse ricordando i migranti morti – e usa spesso i social media per avvicinarsi ai fedeli giovani. Viene descritto come umile e semplice (prendeva i mezzi pubblici anche da cardinale a Manila, qualità che gli hanno valso il paragone con Francesco. Oltre all’ambito pastorale, ha guidato Caritas Internationalis dal 2015 al 2022, facendosi portavoce dei drammi della povertà globale. Se eletto, sarebbe il primo Papa asiatico nella storia e porterebbe il peso della vivacità di una Chiesa, quella filippina, seconda al mondo per numero di cattolici.

Probabilità di elezione: Alta. Tagle è spesso indicato come il papabile preferito da chi auspica un pontefice non europeo e relativamente giovane. Ha il profilo del “Francesco II”: carismatico moderato, volto globale, attenzione ai poveri e agli emarginati. Il fatto che Francesco stesso gli abbia affidato incarichi di rilievo fa pensare che goda della fiducia del Pontefice uscente – e dei molti cardinali da lui nominati. La sua elezione rappresenterebbe un ulteriore spostamento del baricentro della Chiesa verso il sud del mondo, riconoscendo l’importanza crescente dell’Asia. Di contro, alcuni elettori potrebbero essere prudenti: Tagle, pur non essendo un rivoluzionario, è percepito come molto progressista nell’approccio pastorale e qualcuno teme possa accentuare riforme eccessive. Inoltre, la provenienza da una nazione extra-occidentale e la relativa distanza dalle dinamiche curiali romane potrebbero far sorgere dubbi sulla sua capacità di governo immediato della complessa macchina vaticana. Ciononostante, il suo nome figura invariabilmente nelle short-list di osservatori e media come uno dei candidati più forti in caso di “Papa globale”. Se il Conclave punterà su un successore in continuità spirituale con Francesco ma con la freschezza di una prospettiva asiatica, Tagle potrebbe davvero sentire sulla propria persona pronunciare l’“Habemus Papam”.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Il cardinale filippino è spesso elogiato per la sua empatia verso le persone in situazioni difficili, pur rimanendo fedele alla dottrina. Riguardo alle persone LGBTQ+, Tagle ha riconosciuto che in passato la Chiesa ha usato parole “dure” e poco misericordiose: già nel 2015 osservò che i termini con cui venivano bollate persone gay, divorziati risposati, ragazze madri erano “molto severi” e che questo linguaggio aveva ferito e allontanato molti. Questa sensibilità suggerisce che da Papa cercherebbe modi più inclusivi di accompagnare le persone, senza però mettere in questione l’insegnamento cattolico tradizionale sul matrimonio. Del resto, Tagle in patria ha difeso pubblicamente la definizione di matrimonio come unione fra uomo e donna quando, nel dibattito politico filippino, se ne proponevano ridefinizioni – posizione attesa in un paese dove i matrimoni gay non sono legalizzati. Sul tema dell’aborto, la sua linea è ferma: nelle Filippine l’aborto è illegale e Tagle ne è stato strenuo oppositore, equiparandolo a un omicidio. Nel 2016, di fronte alle esecuzioni extragiudiziali durante la “guerra alla droga” del presidente Duterte, Tagle denunciò che molti rimanevano silenti su quelle uccisioni così come sull’aborto, affermando indignato: “Perché così pochi parlano contro l’aborto? Anche quello è omicidio!”. Questo mostra come le sue posizioni pro-vita siano senza compromessi. Al tempo stesso, Tagle è molto attento alla giustizia sociale: sulla questione migratoria, da presidente di Caritas ha più volte messo in guardia dal diffondersi di xenofobia e chiusure, ricordando che Cristo stesso fu profugo. Si commosse fino alle lacrime ascoltando la testimonianza di un rifugiato siriano, e quell’immagine fece il giro del mondo, dando un volto umano all’appello della Chiesa per i migranti. Riguardo al ruolo delle donne, Tagle ha evidenziato come la Chiesa abbia bisogno del “genio femminile” in tutti gli ambiti: ha sostenuto con entusiasmo l’ingresso delle donne come lettrici e accolite, deciso da Francesco, e incoraggiato una maggiore presenza femminile nei consigli pastorali e negli organismi della Chiesa locale. Non risulta però che abbia messo in dubbio gli attuali divieti sull’ordinazione femminile; semmai, il suo approccio è valorizzare al massimo ciò che è già possibile per le donne nella Chiesa contemporanea.

Visione sull’intelligenza artificiale: Tagle non ha rilasciato finora dichiarazioni specifiche sull’AI, ma ha spesso parlato della necessità che la Chiesa resti al passo con i tempi nel comunicare il Vangelo. Come Prefetto dell’Evangelizzazione, è ben consapevole dell’impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone: ha incoraggiato i cattolici a usare i social media e gli strumenti digitali per diffondere messaggi positivi. Possiamo immaginare che veda anche l’AI in questa luce missionaria, come una potenziale “nuova frontiera” dove però portare i valori cristiani. Tagle tenderebbe probabilmente a evidenziare i benefici dell’AI quando è messa al servizio dei poveri – ad esempio sistemi intelligenti per migliorare la sanità, l’educazione, lo sviluppo nei paesi emergenti – ma allo stesso tempo richiamerebbe l’attenzione sulle disuguaglianze che l’AI potrebbe aggravare. Da asiatico proveniente da un paese con sacche di povertà, avrebbe sensibilità per il rischio di un “digital divide” che lasci indietro i più deboli. Inoltre, la sua profonda umanità lo porterebbe a vigilare che l’AI non mini la dignità umana: in linea con il pensiero di Francesco, insisterebbe che anche nell’era delle macchine intelligenti l’uomo non perda la capacità di provare compassione e di scegliere il bene. In sintesi, anche se indiretta, la prospettiva di Tagle sull’AI sarebbe di cauto ottimismo, con la convinzione che l’etica cristiana dell’amore e del servizio debba guidare qualsiasi innovazione tecnologica.

Cardinale Péter Erdő (Ungheria) – il Giurista Conservatore

Profilo: Ungherese, 71 anni, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria, Péter Erdő è un uomo di solida formazione intellettuale. Canonista rinomato, ha pubblicato oltre 25 libri di teologia e diritto canonico ed è poliglotta (conosce almeno sette lingue). La sua competenza e affidabilità gli hanno valso ruoli di rilievo in Europa: per due mandati (2005–2011) è stato presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, segno della stima di cui gode tra i vescovi del continente. È stato Relatore Generale ai Sinodi sulla famiglia del 2014-2015, contribuendo a guidare il dibattito sinodale in quegli incontri chiave. Cresciuto sotto il regime comunista, porta con sé l’esperienza di una Chiesa perseguitata ma resiliente. Pur essendo un conservatore sui temi dottrinali, ha mostrato apertura nel dialogo ecumenico e interreligioso – necessaria in un contesto come il suo, minoranza cattolica in un paese in cui convivono varie confessioni cristiane. Erdő è una figura calma e riflessiva, meno mediatica rispetto ad altri papabili, ma molto rispettata negli ambienti che privilegiano preparazione teologica e ortodossia.

Probabilità di elezione: Media. Il nome di Erdő è spesso circolato nei conclavi precedenti e torna ora tra i possibili candidati. I suoi punti di forza: proviene dall’Europa centro-orientale, area che ha già dato un grande Papa (Wojtyła) e potrebbe di nuovo esprimere un pontefice per equilibrare il peso latinoamericano di Francesco; è teologicamente allineato alla tradizione e quindi potrebbe risultare un candidato di compromesso tra i cardinali più conservatori e quelli moderati che cercano un profilo rassicurante dopo anni di fermento riformatore. Inoltre, i suoi legami internazionali – avendo lavorato fianco a fianco con molti vescovi europei e africani negli incontri intercontinentali – gli garantiscono una rete di contatti ampia. D’altra parte, qualche dubbio viene sollevato sulla sua vicinanza, almeno ambientale, alle posizioni del governo ungherese di Viktor Orbán, notoriamente in attrito con Papa Francesco in materia di accoglienza migranti. Erdő non ha mai espresso appoggio politico, ma il semplice fatto che Orbán spesso si richiami alle “radici cristiane” difese dalla Chiesa ungherese crea l’impressione di un possibile allineamento. Alcuni cardinali potrebbero temere che un Papa ungherese, specie se visto come conservatore, possa essere letto come una vittoria delle istanze sovraniste anti-migranti – scenario che molti eviterebbero. È anche vero che Erdő, avendo solo 71 anni, potrebbe regnare a lungo: chi vorrebbe un papato più breve o “di transizione” potrebbe non orientarsi su di lui. Complessivamente, Erdő è un candidato forte ma non di primissimo piano: le sue chance dipenderanno dall’orientamento che prenderà il Collegio cardinalizio in conclave, se in direzione di un certo reset dottrinale oppure di continuità moderata.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Erdő è noto per la fedeltà alla dottrina tradizionale. Al Sinodo sulla famiglia del 2015 si espresse chiaramente contro aperture dottrinali sulle questioni dei divorziati risposati e delle unioni omosessuali, mantenendo la linea di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. In Ungheria ha sostenuto attivamente la definizione costituzionale del matrimonio come unione tra un uomo e una donna e si è opposto a qualunque riconoscimento delle coppie gay in ambito ecclesiale, in sintonia con la posizione vaticana pre-Francesco. Su aborto ed eutanasia, il suo messaggio è quello tipico di una Chiesa dell’Est che ha conosciuto l’ideologia materialista: difesa intransigente della vita sacra dal concepimento alla morte naturale, senza ambiguità. Erdő ha però anche mostrato interesse per questioni sociali: ad esempio, ha parlato della necessità di sostenere la natalità e le famiglie giovani in Europa, preoccupato dell’inverno demografico che colpisce paesi come il suo. Questo si collega alla visione – condivisa con altri prelati dell’area – che la riscoperta delle radici cristiane, compresa la centralità della famiglia, sia la risposta più efficace alla secolarizzazione galoppante. Riguardo all’immigrazione, come accennato, la sua posizione è stata diplomatica: da un lato la Chiesa ungherese sotto la sua guida ha aiutato concretamente profughi e rifugiati (ad esempio attraverso Caritas), dall’altro Erdő ha anche compreso le preoccupazioni della popolazione locale sulla gestione dei flussi migratori. In passato ha interrogato retoricamente: “Come possiamo conciliare la carità verso chi bussa alle nostre porte con il dovere di preservare il bene comune delle nostre comunità?” – un equilibrio delicato in cui però non ha mai contraddetto apertamente l’appello del Papa all’accoglienza. Sul ruolo delle donne, Erdő non si è distinto per particolari prese di posizione: come molti vescovi europei, valorizza la presenza femminile soprattutto nell’apostolato laicale e nella catechesi, mentre sul diaconato femminile si attiene alla prudenza (è tra coloro che hanno firmato la lettera dei cardd. europei al Papa nel 2023 per chiedere ulteriori studi e cautela in merito). Insomma, la sua è una piattaforma ecclesiale conservatrice ma non rigidamente ideologica, aperta al dialogo con la società solo entro i limiti ben delineati della tradizione.

Visione sull’intelligenza artificiale: Finora Erdő non ha affrontato pubblicamente il tema AI in modo esteso, ma il suo profilo di intellettuale suggerisce che ne intraveda le implicazioni etiche. Da canonista e pastore, probabilmente sottolineerebbe la necessità di un quadro normativo morale per le tecnologie emergenti. Potrebbe richiamare la dottrina sociale della Chiesa: la tecnologia deve essere al servizio dell’uomo, non viceversa, e lo sviluppo scientifico senza riferimento ai valori rischia di creare più problemi che soluzioni. In Ungheria la digitalizzazione è avanzata e la Chiesa locale vi si è adattata (Erdő stesso ha promosso iniziative online di evangelizzazione). Possiamo immaginare che guardi positivamente all’uso dell’AI per fini come l’educazione o la ricerca medica, ma con riserve se essa venisse impiegata per manipolare le coscienze (pensiamo alla diffusione di fake news o all’uso invasivo dei dati personali – questioni su cui la Santa Sede si è espressa negli ultimi anni). Non essendo un uomo di entusiasmi facili, Erdő tratterebbe l’argomento con sobrietà: approccio scientifico e razionale, ma sempre guidato dalla visione cristiana della persona umana dotata di libero arbitrio e dignità non calcolabile da alcun algoritmo.

Cardinale Peter Turkson (Ghana) – il Paladino della Giustizia Sociale

Profilo: Nato nel 1948 in Ghana da una famiglia numerosa, Peter Kodwo Appiah Turkson è stato a lungo il volto di spicco della Chiesa africana in Vaticano. Arcivescovo di Cape Coast e primo ghanese a diventare cardinale (creato da Giovanni Paolo II nel 2003), ha ricoperto incarichi di grande rilievo: per un decennio presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, quindi primo Prefetto del nuovo Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale voluto da Papa Francesco (2016–2021). In tale veste è stato il coordinatore degli sforzi vaticani su temi come ecologia, pace, migranti, salute, occupazione – un’ampia agenda ispirata all’enciclica Laudato si’. Turkson si è distinto per la capacità di portare le istanze del Sud del mondo nei consessi internazionali: è intervenuto più volte al World Economic Forum di Davos per ammonire i potenti sui pericoli delle disuguaglianze e della “cultura dello scarto”. Dopo aver lasciato il dicastero (pare per contrasti gestionali interni), nel 2022 Francesco lo ha nominato Cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, segno della perdurante fiducia. Dotato di carisma sereno e sorriso bonario, Turkson è spesso citato come possibile primo Papa nero della storia – possibilità che lui stesso ha commentato con umiltà, dicendo di non ambire all’incarico e anzi scherzando che un Papa africano “avrebbe vita dura” per le attese esagerate che susciterebbe.

Probabilità di elezione: Media. Dopo il conclave 2013 (in cui era già papabile), le probabilità di Turkson sembravano calate, ma il suo nome rimane nell’orizzonte dei candidati. A favore gioca la sua autorevolezza globale: è conosciuto ben oltre gli ambienti ecclesiali per l’impegno su pace, ambiente e sviluppo. Molti cardinali apprezzano la competenza con cui ha rappresentato la Chiesa in temi economico-sociali cruciali. Inoltre, eleggerlo Papa sarebbe un forte segnale di universalità, riconoscendo il contributo dell’Africa alla fede cattolica. Tuttavia, alcuni fattori ridimensionano la sua candidatura. L’età: a 76 anni è un papabile “anziano” – vero che Benedetto fu eletto a 78 anni, ma oggi forse si cerca qualcuno di più giovane o almeno di non troppi anni di pontificato. Vi è poi la questione delle dinamiche interne: Turkson proviene dall’ala progressista in termini sociali, ma su altri fronti (dottrina, disciplina) è considerato piuttosto tradizionale; potrebbe non entusiasmare né i liberal né i tradizionalisti più netti, risultando però come figura di compromesso. Infine, la sua esperienza curiale non è stata esente da difficoltà – la riorganizzazione del dicastero che guidava ha avuto intoppi e Papa Francesco ha dovuto intervenire – e questo potrebbe far sorgere dubbi in alcuni sull’efficacia del suo governo. In sintesi, le chance di Turkson non sono altissime, ma in un conclave dalla geografia imprevedibile potrebbe emergere come soluzione condivisa, specie se maturasse la volontà di dare per la prima volta la tiara a un figlio dell’Africa.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Turkson incarna in buona parte la sintesi caratteristica di molti leader cattolici africani: voce avanzata sul piano sociale, ma conservatrice sul piano morale. Nei sinodi e nei documenti si è espresso con forza sulla necessità di combattere la povertà, lo sfruttamento e la crisi ecologica – è stato uno degli “architetti” di Laudato si’, portando l’esperienza diretta di chi ha visto gli effetti del cambiamento climatico e del land grabbing in Africa. Al tempo stesso, in materia di etica familiare e sessuale, sostiene senza esitazione l’insegnamento tradizionale: contrarietà al matrimonio omosessuale, all’aborto e all’eutanasia. Pur non avendo fatto esternazioni provocatorie come altri (ad esempio non usa toni apocalittici), ha chiarito che la concezione africana della famiglia è in linea con quella cristiana classica e che certe agende “occidentali” – come l’ideologia gender o la pressione per legalizzare l’aborto – rappresentano una forma di neocolonialismo culturale. In un sinodo lamentò che si vorrebbe imporre all’Africa un pensiero unico su questi temi in cambio di aiuti economici, definendo questo approccio una “colonizzazione ideologica” non meno dannosa di quelle del passato. Sull’immigrazione, la sua prospettiva è particolare: riconosce il diritto di chi soffre a cercare una vita migliore altrove, ma ha anche messo in guardia dall’emorragia di giovani africani che abbandonano le proprie terre. Ha parlato di “doppia ingiustizia”: verso chi è costretto a partire e verso i paesi d’origine che perdono risorse umane preziose. Turkson invita perciò a rimuovere le cause che spingono a migrare – guerre, miseria, corruzione – affinché gli africani possano realizzarsi a casa loro. Per quanto riguarda il ruolo delle donne, si è mostrato aperto a valorizzarlo: ha lodato la forza delle donne africane, spesso colonne portanti delle comunità, ed è favorevole a un loro maggiore coinvolgimento decisionale nella Chiesa (nei suoi dicasteri ha lavorato con molte consultrici e manager donne). Tuttavia, anche lui esclude il sacerdozio femminile, allineandosi al magistero recente che lo considera non praticabile. Nel complesso, Turkson è un candidato “sociale” fortemente impegnato su giustizia ed ecologia, che però sul fronte dei costumi mantiene la barra tradizionale, riflettendo la sensibilità dei popoli africani.

Visione sull’intelligenza artificiale: Da Cancelliere delle Accademie pontificie scientifiche, Turkson si trova proprio al crocevia del dialogo Chiesa-scienza sulla tecnologia. In questa funzione ha promosso nel 2023 un convegno sui rischi e opportunità dell’AI per l’infanzia, ribadendo che non si può lasciare l’uso dell’AI alle sole logiche di mercato ma occorre guidarla con principi etici. Ha sottolineato come la Chiesa stia già lavorando con esperti della Silicon Valley nei cosiddetti “Dialoghi Minerva”, incontri per sensibilizzare gli sviluppatori sull’impatto morale delle loro creazioni. Turkson vede l’AI come strumento che, se ben indirizzato, può contribuire al benessere – ad esempio migliorando l’accesso all’educazione o prevedendo crisi alimentari grazie all’analisi di big data, temi cari alla sua esperienza africana. Ma avverte anche dei pericoli: l’AI potrebbe accentuare le disuguaglianze se solo i paesi ricchi ne beneficiano, oppure ledere la dignità umana se usata per il controllo pervasivo delle popolazioni. Ha appoggiato l’appello vaticano per regole globali che proteggano soprattutto i minori online. In definitiva, la posizione di Turkson sull’AI è proattiva ma vigilante: egli promuove un’alleanza tra scienza ed etica – in linea con la dottrina sociale cattolica – affinché la rivoluzione digitale si traduca in autentico sviluppo umano e non in nuove forme di sfruttamento o manipolazione.

Cardinale Robert Sarah (Guinea) – la Voce dei Conservatori

Profilo: Nato nel 1945 in Guinea, Robert Sarah è stato fino al 2021 il più alto esponente africano nella Curia romana, come Prefetto della Congregazione per il Culto Divino (l’organismo che sovrintende alla liturgia). Ordinato cardinale da Benedetto XVI nel 2010, è conosciuto per la sua spiritualità profonda e l’adesione senza compromessi all’ortodossia. La sua autobiografia Dio o niente e altri libri-intervista (come La forza del silenzio) sono diventati bestseller tra i cattolici tradizionalisti, presentandolo come un campione della fede pura di fronte alle derive del mondo moderno. Sarah proviene da una Chiesa di missione (è stato arcivescovo di Conakry a soli 34 anni) e porta con sé il fascino della testimonianza africana: spesso racconta di quando, ragazzo, camminava per chilometri per assistere alla Messa, o di come la fede dei semplici nel suo villaggio sia stata luce nelle tenebre della povertà. Conservatore schietto, ha tuttavia servito con lealtà anche Papa Francesco finché è rimasto in carica; dopo il pensionamento, le sue prese di posizione pubbliche lo hanno confermato figura di riferimento per chi nella Chiesa resiste a cambiamenti dottrinali o disciplinari.

Probabilità di elezione: Bassa. Per molti versi il cardinale Sarah rappresenta un “Papa ideale” agli occhi dell’ala conservatrice: africano (quindi con l’aura della Chiesa giovane e in crescita), ma al tempo stesso fermo custode della Tradizione e carismatico nelle sue apparizioni pubbliche. Non a caso, dopo la morte di Francesco, sui social network gruppi tradizionalisti lo hanno subito acclamato come “la nostra speranza” per riportare la Chiesa su binari più ortodossi. Tuttavia, la realtà del conclave potrebbe essere meno favorevole. La maggioranza dei cardinali elettori è stata nominata da Francesco, e difficilmente convergerebbe su un candidato percepito come critico verso l’impostazione del Papa argentino. Sarah negli ultimi anni ha espresso dissenso su questioni come le limitazioni alla Messa in latino introdotte da Francesco o l’apertura alle benedizioni per coppie gay, posizioni che, seppur applaudite da alcuni, lo rendono divisivo in un’assemblea che cercherà probabilmente unità. Inoltre, Sarah raggiungerà 80 anni a metà giugno 2025: se il conclave si protraesse oltre il suo compleanno, perderebbe il diritto di voto – dettaglio puramente tecnico ma che mentalmente può pesare sui cardinali, poco propensi a scegliere un quasi-ottantenne. L’eventualità di un suo papato resta quindi remota, salvo una situazione eccezionale in cui emergesse uno stallo tra fazioni e si optasse per un profilo spirituale altissimo a prescindere dall’età. In assenza di ciò, Sarah rischia di rimanere, per citare un detto romano, il classico candidato “che entra Papa ed esce cardinale”.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Il cardinale guineano è noto per il suo rigore dottrinale. In fatto di morale sessuale, ha usato parole molto forti: ha paragonato l’ideologia gender e le rivendicazioni LGBT a una minaccia apocalittica paragonabile al terrorismo islamista, sostenendo che entrambe negano l’ordine di Dio e hanno “origine demoniaca. Ha definito il matrimonio omosessuale, l’aborto, l’eutanasia, la teoria del genere come parte di un attacco globale alla famiglia voluto da Satana per distruggere la civiltà. Queste affermazioni, durissime, delineano chiaramente il suo pensiero: nessuna concessione a ciò che ritiene errori incompatibili con la fede. Non sorprende che Sarah sia stato tra i cardinali che hanno criticato pubblicamente la recente possibilità di benedire coppie omosessuali: per lui la benedizione può scendere solo su ciò che è secondo il piano di Dio, e un’unione gay non lo è. Allo stesso modo, sull’aborto parla senza mezzi termini di “omicidio di esseri umani innocenti” e accusa l’Occidente di ipocrisia quando promuove i “diritti sessuali e riproduttivi” nei paesi poveri come se fossero progresso, mentre sono – a suo dire – cultura di morte. Per Sarah, l’Africa deve custodire i valori pro-vita e pro-famiglia di cui è ricca e non farsi colonizzare da una nuova etica decadente imposta dall’Europa o dall’ONU. Riguardo all’immigrazione, la sua visione è in parte controcorrente rispetto a quella di Papa Francesco: pur senza mai negare il dovere di carità verso chi emigra, ha definito la migrazione di massa una “nuova forma di schiavitù” che sfrutta i poveri e svuota l’Africa delle sue forze migliori. Ha criticato quelle che vede come false compassioni: secondo Sarah, incoraggiare i giovani africani a partire con il miraggio dell’Europa significa tradirli, esponendoli a pericoli enormi e privando il continente del loro contributo. Una posizione dura, che lo ha messo in contrasto con vescovi e cardinali europei di opposta sensibilità. Infine, sul ruolo delle donne, Sarah è totalmente allineato al no all’ordinazione femminile sancito da Giovanni Paolo II: ha scritto che una Chiesa che cedesse a pressioni mondane su questo punto tradirebbe la sua identità. Ciò non gli impedisce di avere grande considerazione delle donne: ha spesso ricordato il ruolo decisivo delle madri africane nella trasmissione della fede, e promosso l’istituzione di consigli di donne nelle parrocchie per valorizzare il loro contributo (ma senza confondere – rimarca – i carismi maschili e femminili che considera complementari ma distinti).

Visione sull’intelligenza artificiale: Sarah non si è occupato pubblicamente di AI, e viene spontaneo pensare che il tema, in sé tecnico, non sia stato centrale nelle sue riflessioni spirituali. Possiamo ipotizzare che il suo atteggiamento verso le nuove tecnologie sia prudente: in un mondo secolarizzato, egli vede già il rischio di un’umanità che si allontana da Dio per idolatrare il progresso e il consumo. Dunque è plausibile che metterebbe in guardia dal considerare l’AI una panacea o – peggio – dal lasciare che sostituisca l’uomo in decisioni etiche. Data la sua sensibilità, potrebbe richiamare il concetto di “sapienza”: l’intelligenza artificiale, per quanto potente, è sempre priva di sapienza, cioè di quel discernimento morale che viene solo dallo Spirito e dalla coscienza ben formata. Sarah sottolineerebbe forse il rischio che, affidandosi troppo alle macchine, l’uomo smarrisca il silenzio interiore e la capacità di ascoltare la voce di Dio. In positivo, riconoscerebbe comunque i lati utili dell’AI (ad esempio, aiutare a diffondere la Bibbia in mille lingue con traduzioni automatiche, o facilitare l’amministrazione ecclesiale), ma subordinandoli sempre alla guida dell’uomo illuminato dalla fede. Insomma, la “tecnologia con l’anima” di Sarah sarebbe una tecnologia umanizzata dalla preghiera e dalla retta ragione, lontana da qualsiasi utopia tecnocratica.

Cardinale Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo) – il Visionario del Sinodo

Profilo: Gesuita, 65 anni, Jean-Claude Hollerich proviene da una piccola Chiesa (il Lussemburgo conta appena 500mila abitanti) ma ha costruito una carriera ecclesiale di respiro internazionale. Dopo l’ordinazione, ha trascorso oltre 20 anni in Giappone come missionario e docente universitario, assorbendo la cultura asiatica e imparando il giapponese. Nel 2011 è rientrato in Europa come Arcivescovo di Lussemburgo e nel 2018 è stato eletto Presidente della COMECE, l’assemblea dei vescovi dell’Unione Europea. Papa Francesco lo ha creato cardinale nel 2019 e, riconoscendone le doti, lo ha scelto come Relatore Generale del Sinodo sulla Sinodalità (2021-2024), ruolo chiave in cui Hollerich ha coordinato l’ascolto delle Chiese di tutto il mondo e la sintesi delle loro istanze. Amichevole nei modi e poliglotta, il porporato lussemburghese è considerato un progressista: pur ribadendo la fedeltà al dogma, ritiene che la Chiesa debba “adattarsi ai cambiamenti sociali” per meglio evangelizzare. Questa attitudine lo rende caro ai riformatori e sospetto ai conservatori, ma di certo lo pone fra i protagonisti del cattolicesimo contemporaneo.

Probabilità di elezione: Media. Hollerich è un outsider sotto molti aspetti (viene da un paese minuscolo, senza lunga tradizione cardinalizia), ma la stima di Francesco e il ruolo di primo piano al Sinodo ne hanno accresciuto enormemente la visibilità e le possibili chance. Se i cardinali orientati al rinnovamento faranno blocco, il suo nome potrebbe emergere come quello di un Papa in grado di portare avanti l’agenda di aperture pastorali iniziata da Francesco. Inoltre, il fatto di essere europeo (dopo un Papa sudamericano) e insieme di mentalità “globale” potrebbe farne un buon compromesso tra diverse sensibilità geografiche. Tuttavia, Hollerich avrebbe anche ostacoli significativi: la sua famosa dichiarazione sull’omosessualità (in cui ha definito superata l’attuale dottrina) ha sollevato critiche feroci in ambienti tradizionali; molti cardinali, pur magari aperti a qualche sviluppo pastorale, temono di spingersi fino a una “revisione dottrinale” esplicita e potrebbero quindi esitare a votarlo. Inoltre, c’è il precedente del cardinale Martini (altro gesuita progressista europeo) che nel conclave 2005, pur ammirato, non ottenne i voti dei moderati spaventati dalle sue posizioni. Hollerich potrebbe subire un destino analogo: un candidato di punta per una minoranza riformatrice, ma incapace di aggregare un consenso di due terzi. Ciononostante, la sua candidatura rimane plausibile, specie se emergesse un clima di novità e coraggio. Sarebbe un pontefice dal profilo più intellettuale e meno “pastorale di popolo” rispetto a Francesco, ma con una chiara visione di cambiamento.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Il cardinale lussemburghese ha fatto scalpore nel 2022 dichiarando che “il fondamento sociologico e scientifico” della dottrina che considera gli atti omosessuali intrinsecamente disordinati “non è più corretto”, invocando quindi “una revisione fondamentale della dottrina” su questo punto. Mai prima un porporato a lui pari grado si era espresso in modo così diretto: Hollerich si è detto convinto che la Chiesa dovrà aggiornare il suo insegnamento sull’omosessualità, riconoscendo le nuove conoscenze e realtà delle persone LGBTQ. Ha anche affermato che non trova giusto licenziare operatori pastorali solo perché gay. Queste posizioni lo collocano all’estrema avanguardia nel collegio cardinalizio. Al contempo, Hollerich sostiene di restare “fedele al dogma” e di non voler cambiare la Parola di Dio; la sua idea è che alcune formulazioni disciplinari possano evolvere senza intaccare il depositum fidei. Su altri fronti etici, non risulta aver chiesto cambi radicali: in interviste ha confermato la sacralità della vita nascente e il suo no all’aborto, pur insistendo sulla necessità di ascoltare le donne e di accompagnare con misericordia chi ha vissuto drammi legati all’aborto. Riguardo ai divorziati risposati, è favorevole ad applicare con coraggio lo “spirito” di Amoris Laetitia, quindi discernimento caso per caso e possibile accesso ai sacramenti quando c’è sincero cammino di fede. Come molti vescovi europei, è aperto a discutere il celibato ecclesiastico (ha detto che non è un dogma intoccabile) e si è detto personalmente non contrario all’ordinazione di uomini sposati in regioni che lo richiedano, anche se questa non è oggi una priorità. Sul ruolo delle donne, Hollerich ha espresso simpatia verso l’idea del diaconato femminile: secondo lui c’è “spazio per ampliare” gli orizzonti della dottrina su questo, a patto di farlo in unità col Papa. Ha inoltre nominato donne in posizioni di rilievo nella sua diocesi ben prima che fosse usuale farlo. In tema di immigrazione, infine, è perfettamente allineato con Papa Francesco: da presidente dei vescovi UE ha criticato le politiche di chiusura di alcuni governi europei e invocato un meccanismo solidale europeo per le quote di rifugiati. Per lui l’Europa cristiana tradisce se stessa se abbandona i migranti in mare o li respinge senza pietà.

Visione sull’intelligenza artificiale: Hollerich, da uomo di cultura europeo, è conscio delle sfide che l’AI pone. Durante il Sinodo, tra i tanti temi, è emersa anche la questione del mondo digitale e dell’evangelizzazione nell’era tecnologica. Hollerich ha sottolineato che i giovani – a cui tiene molto – vivono immersi in una realtà digitale e la Chiesa deve saper essere presente lì dove essi sono. Possiamo immaginare che sia aperto all’utilizzo dell’AI per scopi pastorali (ad esempio analizzare dati per comprendere meglio i bisogni delle comunità, o tradurre automaticamente la Bibbia e il Catechismo in molte lingue). Ma, da gesuita formatosi anche in filosofia, ne intravede i dilemmi etici: in una recente riflessione, ha accennato che l’AI solleva domande sulla libertà umana e sul discernimento, perché se gli algoritmi influenzano profondamente le decisioni, occorre educare le coscienze a un uso critico della tecnologia. Hollerich probabilmente sarebbe favorevole a un intervento più deciso della Chiesa nel dibattito etico sull’AI: potrebbe sostenere documenti magisteriali che offrano linee guida ispirate alla dottrina sociale – un po’ come fu Pacem in Terris per il nucleare negli anni ’60. In quanto europeo, infine, apprezzerebbe gli sforzi sovranazionali (UE e ONU) per regolamentare l’intelligenza artificiale, vedendo positivamente una governance condivisa che metta freno a eccessi e derive transumaniste. Il tutto, nel suo pensiero, finalizzato a garantire che la tecnologia resti sempre al servizio dell’uomo e del Vangelo, e non viceversa.

Cardinale Pierbattista Pizzaballa (Italia) – l’Uomo del Medio Oriente

Profilo: Pierbattista Pizzaballa, 58 anni, è un francescano italiano che da oltre trent’anni vive la complessa realtà della Terra Santa. Dopo l’ordinazione ha studiato ebraico a Gerusalemme, entrando poi nella Custodia di Terra Santa – la provincia francescana che assiste i luoghi santi e le comunità cristiane locali. È stato Custode di Terra Santa per 12 anni, attraversando momenti difficili (la seconda Intifada, le guerre di Gaza) e guadagnandosi rispetto per l’equilibrio con cui ha mantenuto aperti spazi di dialogo tra israeliani e palestinesi. Nel 2016 è stato nominato Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme e nel 2020 Patriarca, diventando così il principale esponente cattolico in Medio Oriente. Francesco lo ha creato cardinale nel 2023, poco prima dell’ennesima esplosione di violenza tra Israele e Hamas. In quella congiuntura, Pizzaballa ha lanciato accorati appelli alla pace da entrambe le parti, e a Natale 2024 ha celebrato la Messa sia a Gaza sia a Gerusalemme – un gesto simbolico di unità e riconciliazione. Personalità mite e schiva, più a suo agio tra la gente che nei palazzi, parla correntemente arabo, ebraico, inglese e conosce a fondo le tre grandi religioni abramitiche, vivendo quotidianamente il dialogo (e talora lo scontro) con esse.

Probabilità di elezione: Bassa. Pizzaballa è spesso citato come possibile sorpresa del conclave: outsider per definizione (fino a poco fa nemmeno cardinale), porta però un bagaglio di esperienza su uno scenario cruciale – il Medio Oriente – che pochi altri hanno. La sua elezione sarebbe un segnale potente di pace: un Papa che viene dalla Terra di Gesù, capace forse di parlare tanto a Israele quanto al mondo islamico moderato. Inoltre è italiano, il che potrebbe rassicurare chi nei Sacri Palazzi auspica il ritorno di un pontefice tricolore; ma è anche un italiano “atipico”, lontano dagli intrecci curiali e con uno sguardo internazionale. Eppure, proprio queste caratteristiche potrebbero frenare la sua ascesa: essendo cardinale solo di recente, non ha avuto modo di tessere forti legami personali con molti degli elettori, e si sa che nel segreto del conclave conta anche la conoscenza reciproca e la fiducia personale. Pizzaballa potrebbe insomma non avere un gruppo consolidato di sostenitori iniziali. Inoltre, la sua giovane età relativa (sarebbe uno dei papi più giovani degli ultimi secoli) potrebbe apparire un azzardo per chi preferisce pontificati non troppo lunghi. Alcuni poi potrebbero obiettare che la gestione della Chiesa universale richiede esperienza di governo più ampio di quella, pur significativa, accumulata a Gerusalemme. In conclusione, il patriarca francescano rimane un “nome suggestivo” più che probabile, ma in caso di conclave lungo e di impasse tra candidati maggiori, il suo profilo umile ma profetico potrebbe emergere come soluzione di convergenza.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Vivendo in un contesto dove i cristiani sono minoranza tra ebrei e musulmani, Pizzaballa ha concentrato le sue energie più sul dialogo interreligioso e la sopravvivenza delle comunità cristiane locali che sulle dispute interne occidentali su morale e costume. Non si registrano da parte sua pronunciamenti rilevanti su temi come unioni omosessuali o aborto – in Terra Santa queste questioni assumono un ruolo meno centrale nel dibattito ecclesiale rispetto alla convivenza quotidiana e alla libertà religiosa. Si può dire che Pizzaballa, da uomo pragmatico, applica la dottrina tradizionale senza enfatizzazioni: difende la famiglia cristiana secondo gli insegnamenti della Chiesa, ma al contempo predica comprensione e rispetto verso tutti. Quando in Israele si sono tenute manifestazioni pro-LGBT o si è discusso di leggi civili in materia, il Patriarcato latino non è sceso in campo con opposizioni aperte, preferendo concentrarsi su altre priorità (ad esempio denunciare le discriminazioni subite dai cristiani). Pizzaballa si è invece speso molto sul diritto alla vita e alla dignità di ogni persona nel contesto bellico: ha condannato fermamente ogni violenza sui civili, sia essa compiuta da eserciti o da gruppi terroristici, affermando che la vita umana è sacra sempre e ovunque. Questo principio, naturalmente, si riflette anche in una visione anti-abortista, benché non espressa in slogan ma nel quadro generale della sacralità della vita. Sul tema migratorio, Pizzaballa ha voce in capitolo: il Medio Oriente è attraversato da flussi di profughi (dalla Siria, dall’Iraq, dall’Africa verso Israele). Egli ha aperto strutture della Chiesa per accogliere rifugiati di ogni fede, sostenendo che il comandamento evangelico dell’ospitalità è un segno di pace in una terra di conflitti. Quanto al ruolo delle donne, nella Chiesa locale le donne laiche e religiose svolgono già compiti fondamentali (scuole, ospedali, catechesi) e il Patriarca le ha più volte elogiate come “colonne insostituibili” delle comunità; non ha però affrontato l’argomento dell’ordinazione femminile, probabilmente perché lontano dalle urgenze pastorali del suo gregge. In sostanza, Pizzaballa è visto come un uomo di Chiesa concentrato sull’essenziale – pace, convivenza, fedeltà al Vangelo nelle prove – e meno interessato alle polarizzazioni dottrinali interne: un profilo che, a seconda dei punti di vista, può apparire limitato o al contrario molto evangelico.

Visione sull’intelligenza artificiale: Non abbiamo dichiarazioni note di Pizzaballa riguardo all’AI. Possiamo però considerare che la Terra Santa è anche terra di alta tecnologia (Israele è leader nel settore) e di sorveglianza digitale. Il Patriarca certamente conosce le questioni legate alla tecnologia in guerra – per esempio l’uso di droni e sistemi automatici di sicurezza – e ne comprende gli aspetti etici, almeno sul piano della tutela dei diritti umani. Durante il recente conflitto, ha implorato che “la tecnologia della distruzione” lasci spazio alla “sapienza del cuore” nel risolvere le dispute, il che indica una consapevolezza di come l’innovazione senza etica possa amplificare la violenza. Possiamo immaginare che, da francescano, Pizzaballa guardi all’AI con spirito di semplicità: la tecnologia è utile se serve a connettere e a capire meglio gli altri (pensiamo alle traduzioni automatiche che aiutano la comunicazione tra fedeli di lingue diverse, una realtà quotidiana nella sua diocesi multinazionale), ma diventa disumanizzante se sostituisce il contatto personale o viene usata per manipolare. È probabile che sottoscriverebbe pienamente la necessità di un’AI “etica” come auspicato dal Vaticano, soprattutto per proteggere i piccoli e i deboli. In generale, però, la sua priorità rimane l’incontro diretto tra le persone: difficilmente un pastore che celebra sotto le tende a Gaza o incontra famiglie sfollate vedrà nell’AI un tema urgente rispetto ai drammi umani immediati. Da Papa, porterebbe questa concretezza: l’AI andrà anche regolata, ma prima di tutto – sembrerebbe dire – è il cuore dell’uomo che va educato alla pace e al bene, perché nessuna macchina può supplire alla coscienza.

Cardinale Fridolin Ambongo Besungu (Rep. Dem. Congo) – la Prospettiva dell’Africa Giovane

Profilo: Cappuccino, 63 anni, Fridolin Ambongo è Arcivescovo di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, nonché unico africano membro del Consiglio dei Cardinali (l’organo di consulenza del Papa). Succeduto al celebre cardinale Monsengwo nel guidare una delle più grandi diocesi africane, Ambongo rappresenta una Chiesa giovane e in crescita esponenziale: solo la sua arcidiocesi conta oltre 7 milioni di cattolici. Ha fama di uomo coraggioso e vicino alla gente: in passato ha denunciato con forza corruzione e ingiustizie politiche nel suo paese, guadagnandosi anche minacce. È presidente del SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar) e dunque portavoce autorevole delle istanze del continente. Creato cardinale nel 2019 da Francesco, è considerato allineato con la visione sociale dell’attuale pontefice, pur mantenendo la sensibilità conservatrice tipica dei vescovi africani in campo morale. Ambongo ha un ruolo di primo piano nel Sinodo in corso, dove porta spesso l’attenzione sulla voce dei poveri e sull’“ora dell’Africa” nella Chiesa universale. “L’Africa è il futuro della Chiesa, è ovvio” ha dichiarato nel 2023.

Probabilità di elezione: Bassa. Nonostante il profilo di spicco e la stima di cui gode, Ambongo paga l’essere ancora relativamente nuovo sulla scena internazionale. Rispetto ad altri papabili africani “storici” (come Turkson o Sarah), è meno conosciuto fuori dal contesto ecclesiale. I cardinali elettori potrebbero vederlo come una prospettiva interessante per il domani, ma forse non immediatamente per questo conclave. La sua giovane età – per gli standard del Sacro Collegio – potrebbe far pensare a lui più come a un papabile in un eventuale conclave tra diversi anni. Tuttavia, la storia insegna che sorprese possono accadere: se maturasse una forte convinzione che è tempo di un Papa africano, Ambongo offrirebbe il vantaggio di rappresentare una nuova generazione. Egli infatti unisce l’affidabilità (non è un outsider sconosciuto, ma membro del Consiglio cardinalizio e leader continentale) al rinnovamento. Ad ogni modo, al momento la sua candidatura è considerata outsider, e verrebbe probabilmente oscurata, nella dinamica di voto, da quella di figure africane più anziane o più note. Ma se queste ultime si neutralizzassero a vicenda, non è impossibile che qualcuno proponga l’arcivescovo di Kinshasa come sintesi. La probabilità resta minoritaria, ma la sua presenza tra i “papabili” segnala già quanto l’Africa sia centrale nel presente e nel futuro della Chiesa.

Posizioni su diritti civili e Chiesa: Ambongo riflette il pensiero largamente maggioritario nell’episcopato africano: grande sensibilità per le questioni di giustizia socio-economica, e attaccamento ai valori tradizionali quanto a famiglia e vita. Nel gennaio 2024 ha co-firmato, insieme ad altri vescovi africani, una lettera di forte critica alla dichiarazione vaticana che apriva alla benedizione – seppur non liturgica – di coppie omosessuali. Questo atto pubblico mostra che, pur essendo un uomo di fiducia di Papa Francesco, Ambongo non esita a difendere la posizione più conservatrice condivisa dalla gran parte dei fedeli africani su tale questione. Nella lettera sosteneva che la mossa del Vaticano rischiava di “seminare confusione” e contraddire l’insegnamento biblico. Allo stesso tempo, Ambongo è molto progressista su altri fronti: ha parlato con passione di ecologia integrale, di debito internazionale da condonare ai paesi poveri, di lotta alla tratta di esseri umani (ha definito la piaga dei trafficanti di migranti una forma di “pulizia etnica” dei giovani africani. Quindi, diritti civili sì, ma intesi soprattutto come diritti sociali dei deboli, più che diritti civili nel senso occidentale (matrimoni gay, ecc., che lui non sostiene). Sull’aborto, la RDC ha leggi restrittive e la Chiesa locale, con Ambongo in testa, si è battuta per evitare pressioni internazionali per liberalizzarlo. La sua retorica su vita e famiglia è meno fragorosa di quella di Sarah, ma altrettanto salda: ad esempio, ha promosso programmi di educazione sessuale basati sui valori cristiani per contrastare l’aborto, invece di affidarsi alla distribuzione di contraccettivi come suggerito da ONG occidentali. Sul ruolo delle donne, in Africa la Chiesa dipende fortemente dalle religiose e dalle catechiste laiche, e Ambongo lo riconosce: ha organizzato sinodi diocesani con larga partecipazione femminile e spesso ripete che “la voce delle donne deve essere ascoltata” nelle decisioni ecclesiali. Tuttavia, anche qui, non risulta favorevole all’ordinazione di donne, in linea con il consenso africano sul mantenimento dello status quo in questo ambito.

Visione sull’intelligenza artificiale: Ambongo proviene da un contesto in cui l’AI potrebbe sembrare una questione futuristica rispetto ai problemi quotidiani (guerre, povertà, epidemie). Tuttavia, come presidente del SECAM, ha partecipato a incontri dove si è discusso anche di sviluppo tecnologico in Africa. Egli probabilmente interpreta l’AI attraverso la lente della giustizia globale: se l’AI è destinata a rivoluzionare l’economia, l’educazione, la sanità, bisogna fare in modo che l’Africa non ne resti esclusa o, peggio, vittima. In un colloquio ha accennato che l’Africa rischia di diventare terreno di sperimentazione per tecnologie sviluppate altrove, senza regolamentazioni locali adeguate – ad esempio il riconoscimento facciale usato da governi autoritari o le piattaforme digitali che sfruttano dati senza tutele. Da buon discepolo di Laudato si’, Ambongo sostiene che lo sviluppo deve essere umano e integrale: probabilmente vedrebbe con favore una sorta di “Laudato si’ digitale” che detti principi etici per l’AI. Quanto all’uso ecclesiale dell’intelligenza artificiale, magari non ne è uno specialista, ma potrebbe apprezzare progetti di traduzione automatica della Bibbia nelle lingue africane minori, o di e-learning catechistico per raggiungere villaggi remoti. Insomma, la sua visione sarebbe pragmatica: l’AI può aiutare l’evangelizzazione e lo sviluppo se guidata dal bene comune, ma va evitato che diventi l’ennesimo strumento di oppressione o di dominio economico da parte di pochi potenti sui molti poveri. In definitiva, Ambongo porterebbe nel dibattito sull’AI la prospettiva del Sud del mondo, chiedendo che a beneficiarne non siano solo i ricchi e che in ogni algoritmo si tenga presente il volto concreto dell’uomo, creato a immagine di Dio, che nessuna macchina potrà mai rimpiazzare.


Il prossimo conclave si preannuncia come uno degli appuntamenti più aperti e avvincenti nella storia recente della Chiesa. Dai diplomatici navigati come Parolin ai pastori dal cuore d’oro come Zuppi, dai campioni del sociale come Tagle e Turkson ai custodi della dottrina come Sarah ed Erdő, fino agli outsider carichi di speranza come Hollerich, Pizzaballa e Ambongo, ogni cardinale papabile porta un volto diverso del cattolicesimo contemporaneo. Sullo sfondo, le domande cruciali: il nuovo Papa continuerà l’opera di Francesco, spingendosi magari oltre su riforme e dialogo con il mondo, oppure segnerà un ritorno al centro dopo anni di tensioni? Sarà un pontefice del Sud del mondo, a consolidare la tendenza iniziata nel 2013, o l’Europa riconquisterà il timone? Sarà giovane e proiettato al futuro, magari attento persino alle sfide dell’intelligenza artificiale, o un saggio anziano capace di ricucire pazientemente le fratture interne? I cardinali entreranno in Sistina con queste riflessioni nei cuori e, come sempre, con qualche nome in mente. Ma alla fine, secondo la fede cattolica, conterà l’ascolto dello Spirito Santo più che dei pronostici umani. E come insegna la storia dei conclavi, il vero “papabile” potrebbe anche essere colui che inizialmente nessuno aveva previsto… in attesa che la fumata bianca dissipi ogni incertezza con le parole: Habemus Papam.