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Come la tecnologia ha riscritto la vita quotidiana dalla Generazione X fino ai bambini Alpha

La rivoluzione digitale non è stata un evento isolato, ma un viaggio lungo decenni che ha intrecciato le vite di intere generazioni. Un tempo fatto di vinili, telegrammi e VHS, per chi oggi ha quarant’anni e più; e un presente di streaming, app e connessioni globali, per i nati alla fine degli anni Duemila. Ogni generazione ha attinto da questa fonte di continua evoluzione tech in maniera diversa: alcuni ne hanno visto sorgere il primo mattino, altri ne hanno conosciuto solo il tramonto. Il risultato è un affresco multicolore, in cui Gen X, Y, Z e Alpha vivono la tecnologia da punti di vista profondamente dissimili. In particolare, il mondo del lavoro e quello dell’intrattenimento rappresentano due specchi lucenti di questi cambiamenti – dal passaggio dall’ufficio tradizionale allo smart working, dalla televisione al binge watching – e in ciascuna generazione si riflettono sfumature di adattamento uniche.

I membri della Gen X (nati tra metà anni ’60 e primi ’80) hanno avuto un’infanzia analogica e un’era adulta digitale. È la generazione che ha visto arrivare in salotto il primo videoregistratore e in ufficio i primi personal computer. Da un lato, sono cresciuti con la tv in bianco e nero, le cabine telefoniche e le radio FM; dall’altro, hanno abbracciato la tecnologia da adulti diventando pionieri di programmi di posta elettronica, banche dati aziendali e navigazione online negli anni Novanta. Questa duplice esperienza li rende “ibridi”: spesso preferiscono un PC al piccolo schermo dello smartphone e sono affezionati alle vecchie abitudini. Secondo uno studio, molti Gen X non hanno mai abbandonato completamente la televisione o la radio tradizionali, praticando un mix di consumo fra streaming e i canali classici. Sul lavoro, questa generazione è nota per la sua mentalità pragmatica e flessibile: ha sperimentato carriere stabili, occasionali cambi di settore e il passaggio al digitale a metà percorso, sviluppando in tal modo una resilienza a cambiamenti rapidi. In sintesi, la Generazione X ha imparato a destreggiarsi fra vecchi e nuovi media: multitasking con il cordless all’orecchio mentre controlla l’email sul computer, nostalgico della radio appena scopre l’ultima app.

I Millennials o Generazione Y (nati circa tra il 1981 e il 1996) hanno invece fatto da ponte completo tra analogico e digitale. Sono la prima coorte cresciuta con internet in casa: molti hanno cominciato a usare il web fin dai primi anni delle medie. Da ragazzi hanno mandato gli sms, acceso il primo desktop e scoperto i social network – Facebook, YouTube, poi Instagram – come compagni quotidiani. La loro infanzia ricorda i pomeriggi in cortile con la palla, ma l’adolescenza è passata con il mouse in mano. Questo ha creato una generazione fortemente nativa digitale: fin da giovani hanno usato videogiochi online, MP3 e smartphone emergenti. Anche sul lavoro i Millennials si fanno notare per un approccio nuovo: desiderano flessibilità, significato e apprendimento continuo. Molti hanno optato per carriere in startup e settori tecnologici o informatici, adottando soluzioni smart come il telelavoro ben prima della pandemia. In ambito intrattenimento, i Millennials hanno visto nascere Netflix, Spotify e le piattaforme streaming: sono cresciuti col binge watching di serie TV e playlist musicali in cloud, ben lontani dal concetto di “programmazione fissa” tipico di un tempo. Ancora oggi rimangono tra i più accaniti fruitori di contenuti digitali e app, bilanciando pure passioni “offline” come festival musicali ed escursioni col gruppo di amici, ma sempre con il cellulare in tasca pronto allo scroll.

La Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) è invece la prima davvero connessa da sempre. “I ragazzi della Gen Z non hanno mai conosciuto un mondo senza Internet, smartphone e social media”, sintetizza bene un’analisi demografica. Fin dall’infanzia vivono con dispositivi smart e app ovunque: figli di algoritmi e tutorial YouTube, imparano a usare tablet e console prima ancora di leggere un libro. Questa esposizione continua alla tecnologia ha plasmato il loro modo di comunicare e informarsi, privilegiando contenuti veloci, brevi e visivi. Nel tempo libero, più della precedente generazione prediligono videogiochi interattivi e social network: secondo dati recenti della ESA ben il 54-58% dei giovanissimi usa console e PC per il gaming (più di ogni altra fascia d’età), mentre piattaforme come TikTok e Instagram sono strumenti quotidiani di svago e creazione. Nel lavoro (o quello che li attende), i Gen Z portano mentalità imprenditoriale e una forte coscienza sociale: vogliono ruoli che riflettano i loro valori, dall’impegno per il clima al rispetto della diversità. Sono i cosiddetti digital influencer e content creator, ma anche i giovani lavoratori ibridi: alcuni stanno già sperimentando lavori in remoto o gig economy, altri prendono la patente di guida dopo aver preso confidenza con dispositivi di realtà virtuale nei videogiochi. Anche per loro, l’arrivo dell’AI generativa ha cambiato le carte in tavola: usare chatbot intelligenti per studiare o per hobby è già quasi naturale, non più qualcosa di futuristico.

I nati dal 2010 in poi – la Generazione Alpha – si trovano nel pieno di questa trasformazione. Sono bambini cresciuti con un tablet in mano e uno speaker con intelligenza artificiale in soggiorno. Secondo alcuni studi, gran parte della Gen Alpha rivoluzionerà il mondo del lavoro futuro: pochissimi saranno dipendenti tradizionali, molti apriranno una piccola startup personale (o addirittura due attività) fin da giovani, e alcuni iniziano già a guadagnare con YouTube o TikTok. Sono cresciuti confidando nei social media come fonti d’informazione primarie, molto più della televisione o dei giornali, e di certo porteranno questi strumenti nelle scuole e in ogni professione. Gli Alpha sognano “un mondo pulito e tecnologico” e puntano a molta autonomia nel lavoro. In classe possiamo immaginarli alle prese con lezioni interattive e ludiche, robot didattici e realtà virtuale educativa: già ora esistono strumenti che traducono simultaneamente ogni lingua, aprendo a lezioni globali con compagni di tutto il pianeta. L’elemento comune è che questi bambini vivranno l’AI come un’amica anziché una minaccia: dovranno solo darsi delle regole per non farsi “travolgere” dal digitale, imparando fin da subito a usare la tecnologia in modo equilibrato.

La Generazione Beta, in arrivo dopo il 2025, si formerà in un contesto dove il digitale non sarà più uno strumento ma un ambiente. Questi bambini cresceranno in case interattive, circondati da oggetti intelligenti, assistenti vocali evoluti e sistemi educativi personalizzati. L’apprendimento sarà spesso mediato da intelligenze artificiali che adatteranno i contenuti in tempo reale, anche grazie a lezioni condivise a distanza, tradotte simultaneamente. Il tempo libero si confonderà con la formazione, tra videogiochi immersivi, esperienze aumentate e dispositivi indossabili che trasformeranno il corpo stesso in interfaccia. Per loro, reale e virtuale non saranno opposti, ma due aspetti dello stesso paesaggio.

Nell’insieme, guardando il domani si intravede una continuità nell’evoluzione: ogni nuova generazione eredita la precedente e la supera in adattabilità, così come i Gen Y hanno superato gli X nell’uso dei social, e i Z usano già l’AI dove i Millennial si affidano al motore di ricerca. Così come i Gen Xers hanno imparato da adulti che la tecnologia può diventare complice dell’età matura, anche i piccoli Beta impareranno fin da neonati che l’intelligenza artificiale può essere amica e strumento. Se oggi ci sembrano naturali smartphone e computer, domani potrebbero esserlo bot aiutanti, fabbriche intelligenti e nuovi modelli di intrattenimento che ora nemmeno immaginiamo. D’altronde, come suggeriscono gli esperti, quella dei Beta sarà una “nuova visione del mondo”, in cui tecnologia e umanità cammineranno ancor più a braccetto.