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La Commissione europea ha diffuso il nuovo Codice di condotta volontario dedicato ai modelli di intelligenza artificiale generativa, un vademecum pensato per anticipare il regolamento che entrerà in vigore ad agosto. Il documento, suddiviso in capitoli su sicurezza, trasparenza e diritto d’autore, offre alle imprese una mappa dettagliata degli adempimenti richiesti; allo stesso tempo, però, innalza un insieme di barriere procedurali che rischiano di rallentare la corsa del settore europeo rispetto a Stati Uniti e Cina.

Nel capitolo Safety & Security il Codice esige che ogni fornitore elabori un framework allo stato dell’arte capace di seguire il modello lungo l’intero ciclo di vita, con aggiornamenti costanti e una rendicontazione alla futura AI Office. A ciò si affianca l’obbligo di concedere a valutatori esterni indipendenti un accesso gratuito alle versioni più potenti del modello, inclusi – ove disponibili – i tracciati del ragionamento e persino la release con meno mitigazioni di sicurezza. Chi opera sul mercato europeo dovrà quindi aprire le porte non solo ai regolatori ma anche a terze parti qualificate, con il rischio evidente di esporre asset proprietari e know-how a fughe di informazioni. Il testo prevede alcune attenuanti per piccole e medie imprese, riconoscendo che potranno essere esentate da parte della reportistica prevista dall’articolo 56 (5) del regolamento; l’esenzione, tuttavia, non è automatica e resta subordinata a ulteriori chiarimenti dell’AI Office, lasciando le start-up in un limbo di incertezza.

Il capitolo Transparency istituisce poi una vera anagrafe tecnica obbligatoria. Per ogni modello posto sul mercato occorre compilare una corposa documentazione – il Model Documentation Form – da aggiornare per dieci anni e custodire come prova di conformità; se l’AI Office lo chiede, le informazioni vanno trasmesse entro quattordici giorni. Gran parte di questi dati, pur soggetti a clausole di riservatezza, copre ambiti che toccano il cuore competitivo di molti operatori: architettura, range parametrico, dati di addestramento sintetizzati, canali di distribuzione e persino le versioni via via rilasciate. Il Codice sottolinea che tale trasparenza è concepita per agevolare i provider downstream e le autorità di vigilanza; ciononostante, l’obbligo di conservare e condividere materiale sensibile amplia i costi di compliance e solleva dubbi sulla reale tutela del segreto industriale in un contesto globale dove gli avversari extra-UE non sono tenuti a simili aperture.

Sul fronte del diritto d’autore la Commissione introduce un set di misure che, nelle intenzioni, dovrebbero sanare il conflitto fra attività di text & data mining e interessi dei titolari. Ogni fornitore dovrà adottare una policy unificata per riconoscere e rispettare le “riservazioni di diritti” espresse in base all’articolo 4 (3) della Direttiva 2019/790, con l’impegno ad applicare tecnologie idonee al rilevamento di indicazioni machine-readable e a pubblicare le caratteristiche dei propri web-crawler. La misura pratica più stringente impone di far sì che gli spider online leggano e seguano le istruzioni contenute nei file robots.txt e in altri metadati standardizzati, escludendo i siti segnalati dalle autorità come recidivi nella violazione del copyright. Tale precauzione, se da un lato tutela gli autori europei, dall’altro comprime la disponibilità di contenuti legalmente accessibili per l’addestramento, innalzando la soglia di costo e complessità rispetto a giurisdizioni dove il fair use o discipline più elastiche consentono crawling più estensivi.

Il Codice mantiene un’apparenza di volontarietà – in più punti si ricorda che l’adesione non equivale a prova definitiva di conformità al regolamento – ma la realtà operativa suggerisce che, senza quelle firme, dimostrare la propria diligenza diventerà arduo. Si sta insomma creando un meccanismo di soft law che, pur non sancito da sanzioni immediate, tenderà a cristallizzarsi come standard para-obbligatorio: resterà difficile per un investitore finanziare un modello europeo che non abbia sottoscritto linee guida considerate dall’AI Office come percorso preferenziale.

Sul piano dei benefici, va riconosciuto che il testo offre finalmente una bussola precisa a chi, alle porte di agosto, ancora navigava tra bozze normative e dubbi interpretativi. Stabilire criteri comuni di valutazione della sicurezza, introdurre canali di feedback strutturati con user community e bug bounty, disciplinare l’interazione con i titolari dei diritti d’autore e definire la filiera documentale aiuteranno a ridurre l’alea regolatoria e a creare fiducia tra operatori e mercato, condizioni indispensabili per attrarre capitali patient-long europei. Inoltre, la promessa di semplificazioni per le PMI, se adeguatamente tradotta in prassi snelle, potrebbe attenuare parte del peso burocratico.

Resta però l’ombra di un sistema complesso che esige investimenti giuridici e organizzativi ingenti prima ancora che il prodotto raggiunga la scala commerciale. L’obbligo di aprire il modello a valutatori esterni, unito alla richiesta di tracciati del ragionamento, solleva interrogativi sulla difesa del vantaggio competitivo; il mantenimento decennale dei dossier e la possibilità di richieste multiple da parte dell’AI Office incardinano oneri ricorrenti difficili da assorbire per team agili. Anche sul versante del copyright, la necessità di filtrare ogni contenuto in base a potenziali riserve di diritti, in assenza di standard tecnici universalmente implementati, rischia di rallentare processi di training che altrove proseguono con maggiore rapidità.

L’iniziativa della Commissione emerge come tentativo coraggioso di coniugare innovazione e tutela degli interessi europei. Tuttavia, il suo successo dipenderà dalla capacità di evitare che la cura burocratica soffochi gli slanci creativi che il Vecchio Continente dichiara di voler incentivare. Se l’Europa non saprà trasformare questo Codice da scudo amministrativo in facilitatore pragmatico, le imprese potrebbero guardare con sempre maggiore interesse verso ecosistemi regolatori più snelli, alimentando una diaspora di talenti e capitali che nessuna clausola volontaria potrà arginare.