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La nuova generazione dei modelli linguistici pensanti

Nel giro di pochi mesi, l’evoluzione dei modelli linguistici di grandi dimensioni ha visto un cambiamento radicale: si è passati da sistemi che fornivano risposte dirette basate sull’associazione immediata di pattern, a modelli capaci di sviluppare una catena di pensiero esplicita, ossia un ragionamento intermedio strutturato prima di arrivare alla risposta finale. In origine un LLM tendeva a rispondere in un sol colpo alla domanda, nascondendo o comprimendo tutti i passaggi logici interni. Oggi, invece, i modelli più avanzati “pensano ad alta voce” (almeno internamente) scomponendo i problemi in più step, un approccio più vicino al modo in cui un essere umano affronta quesiti complessi. Questo cambiamento, frutto sia di nuove tecniche di addestramento che di architetture ibride, ha permesso un notevole salto in avanti in termini sia di accuratezza che di capacità di affrontare compiti articolati.

OpenAI è stata tra i pionieri di questa transizione, introducendo accanto ai modelli GPT tradizionali la serie “o” specificamente pensata per il ragionamento passo-passo. Ad esempio, nel 2024 ha presentato il modello GPT-4o accanto al primo modello o1. GPT-4o può essere visto come l’evoluzione diretta di GPT-4: un sistema polivalente, rapido e capace di gestire input anche visivi e audio, ideale per una vasta gamma di applicazioni generali. O1, invece, rappresentava una svolta metodologica: è un modello deliberatamente addestrato per “pensare” più a lungo su ogni domanda, adottando una vera catena di ragionamento interna in stile umano. I benefici di questo approccio si sono visti subito nei compiti che richiedono logica e multi-step reasoning: in un difficile test matematico (AIME), O1 ha raggiunto circa l’83% di accuratezza, contro appena il 13% ottenuto da GPT-4o sullo stesso problema. La capacità di spezzare un problema in sotto-problemi e procedere con deduzioni sequenziali ha quindi colmato lacune dove i modelli a risposta diretta faticavano. Il rovescio della medaglia era la velocità: lasciar “pensare” il modello richiedeva più tempo e potenza computazionale (si stimava O1 fino a 30 volte più lento di GPT-4o). In sostanza, GPT-4o si comportava come un “coltellino svizzero” dell’AI, veloce ed eclettico ma poco incline a lunghi ragionamenti, mentre O1 era più simile a uno studioso paziente che ottiene risultati migliori prendendosi il tempo necessario.

Questa nuova direzione è proseguita rapidamente. OpenAI ha raffinato la serie o con modelli sempre più capaci: o3 (rilasciato nell’aprile 2025) rappresenta il modello di ragionamento più avanzato di OpenAI, un vero salto generazionale rispetto a O1. O3 eccelle in una varietà di domini – dalla programmazione, alla matematica e scienze fino all’analisi di immagini – stabilendo record di prestazioni su benchmark impegnativi. Valutazioni indipendenti mostrano che O3 commette circa il 20% in meno di errori significativi rispetto a O1 su compiti difficili e “realistici”. Questo perché O3 adotta una forma ancor più evoluta di ragionamento simulato interno: il modello è progettato per mettere in pausa e riflettere sui propri processi mentali prima di rispondere. Si va oltre il semplice “chain-of-thought prompting” usato in passato come espediente: O3 integra nativamente un meccanismo autonomo di auto-analisi e riflessione, mimando il ragionamento umano in modo approfondito. In pratica, mentre analizza una domanda O3 può valutare diverse strade logiche, controllare contraddizioni e iterare sulla soluzione internamente, arrivando a fornire risposte più fondate e corrette.

Un aspetto chiave di questa nuova generazione di modelli è la natura ibrida di cui sono dotati. O3 (e il successivo o4-mini) non è più solo un modello linguistico che genera testo, ma un agente AI capace di interagire con strumenti esterni e con l’ambiente per arricchire il proprio ragionamento. OpenAI ha infatti abilitato in questi modelli l’uso diretto di tool integrati in ChatGPT: ad esempio O3 può decidere autonomamente di effettuare una ricerca sul web se la domanda richiede informazioni aggiornate, eseguire codice Python per fare calcoli o analisi su dati, interpretare un grafico o un’immagine caricata dall’utente e persino generare nuove immagini se servono alla soluzione. Questa capacità di “ragionare con gli strumenti” rende i modelli o dei veri problem-solver multi-faccia: possono scomporre un problema complesso, raccogliere informazioni aggiuntive o calcolare risultati intermedi, e infine sintetizzare tutto in una risposta approfondita. Si tratta di un’evoluzione verso sistemi sempre più agentivi e autonomi nell’esecuzione di compiti. Ad esempio, di fronte a una domanda di business che richiede analisi di dati, un modello come O3 potrebbe in sequenza: capire di dover fare dei calcoli statistici, eseguire uno script Python su quei dati, poi valutare il risultato e generare un report, il tutto senza intervento umano diretto. In questo senso, O3 e simili possono essere visti come modelli ibridi perché uniscono la potenza linguistica neurale con capacità tipiche del software tradizionale (calcolo, ricerca, manipolazione di file), ampliando enormemente il raggio d’azione rispetto ai LLM di prima generazione.

OpenAI ha continuato su questa strada con la serie o4, introducendo inizialmente il modello o4-mini. Come suggerisce il nome, si tratta di una versione ridotta in scala, ottimizzata per efficienza e velocità, ma che mantiene le caratteristiche di ragionamento avanzato proprie della famiglia o. Pur essendo più economico da eseguire, o4-mini dimostra prestazioni sorprendenti per la sua taglia, superando il precedente o3-mini in tutti i benchmark principali. OpenAI ne ha rilasciato anche una variante potenziata chiamata o4-mini-high, che allunga ulteriormente la catena di pensiero interna quando serve, dedicando più tempo a elaborare la risposta per raggiungere una maggiore affidabilità sui problemi più complessi. Questo approccio modulare per livelli di ragionamento mostra come la “chain of thought” sia divenuta una componente regolabile: a seconda delle necessità, si può impiegare un modello più lento ma più riflessivo, oppure uno più rapido e leggero, senza rinunciare ai progressi metodologici acquisiti. È interessante notare che la stessa OpenAI vede la convergenza all’orizzonte: dopo o3 e o4-mini, potrebbe non esserci più distinzione netta tra modelli generici e di ragionamento, poiché futuri sistemi unificheranno entrambe le capacità in un unico modello onnicomprensivo – segno che la catena di pensiero diventerà parte integrante di qualunque LLM di punta.

La competizione in questo campo si è subito intensificata. Google DeepMind ha sviluppato in parallelo la serie di modelli Gemini, introducendo concetti affini. Nel 2025 Google ha annunciato Gemini 2.5 definendolo esplicitamente un “modello pensante” capace di ragionare sui propri pensieri prima di fornire una risposta, analogamente a quanto fa O3. Questa integrazione nativa di una catena di ragionamento interna ha portato Gemini 2.5 a ottenere risultati ai vertici delle classifiche: il primo modello Gemini 2.5 Pro Experimental ha esordito al primo posto su una vasta gamma di benchmark, distanziando in modo significativo i modelli precedenti. L’idea di fondo è la medesima: dotare il modello di un inner monologue controllato che gli consente di analizzare il contesto, scomporre domande complesse e pianificare la risposta. I ricercatori di Google evidenziano come questo sia stato il frutto di anni di studi sul ragionamento delle AI, a partire da tecniche come il reinforcement learning e il chain-of-thought prompting, ora confluite in un approccio integrato. Gemini 2.5 unisce dunque una base potenziata (una rete di ultima generazione con capacità di comprensione migliorate) con un post-addestramento mirato al ragionamento, ottenendo un livello di prestazioni nuovo. Importante sottolineare che Gemini mantiene multimodalità nativa e un contesto esteso: il modello può ingerire input testuali, visivi (immagini, diagrammi) e persino altri formati, e grazie al lungo contesto riesce a tenere traccia di dettagli anche in prompt molto articolati. Ciò significa che può, ad esempio, leggere il contenuto di una pagina web complessa o interpretare una figura e includere queste informazioni nella propria catena di pensiero. Google ha anche declinato Gemini in varianti per bilanciare velocità e potenza di ragionamento: ad esempio Gemini 2.5 Pro è ottimizzato per coding e prompt complessi (massimizzando la capacità inferenziale), mentre Gemini 2.5 Flash privilegia la rapidità pur affrontando compiti complessi. Questa strategia ricorda da vicino la distinzione vista in OpenAI tra modelli come O1/O3 e GPT-4o, confermando come l’industria stia convergendo verso la nozione di modelli adattivi, in grado di scomporre i problemi in passi quando richiesto, oppure rispondere al volo per le richieste più semplici.

Anche Anthropic ha perseguito l’obiettivo di arricchire il proprio LLM Claude con capacità di ragionamento esplicito, scegliendo però un approccio differente: invece di sviluppare due linee separate di modelli, ha introdotto nel 2025 una funzionalità di modalità ragionamento all’interno dello stesso Claude. Nella versione Claude 3.7 (“Sonnet”), gli utenti possono attivare la “modalità di pensiero esteso”, che istruisce il modello a dedicare più tempo e passi di riflessione ai quesiti più impegnativi. Addirittura, gli sviluppatori hanno la facoltà di impostare un “budget di pensiero” – un limite controllato su quante risorse computazionali e quanto tempo Claude può spendere nel ragionare prima di rispondere. Questo significa che Claude diventa flessibile: di fronte a domande semplici continua a fornire risposte immediate e sintetiche, mentre se il problema lo richiede può virtualmente fermarsi a pensare più a lungo, esplorando varie possibilità, facendo calcoli intermedi e valutazioni approfondite, il tutto in background. Notevole è la scelta di Anthropic di rendere visibile all’utente finale il processo di pensiero (quando la modalità estesa è attiva) in forma grezza. In pratica, l’utente può opzionalmente osservare uno “stream of consciousness” di Claude: una traccia testuale dei ragionamenti che il modello sta facendo passo dopo passo per arrivare alla soluzione. Questa trasparenza ha diversi vantaggi dichiarati – per esempio aumenta la fiducia, perché chi utilizza il modello può seguire il filo logico e capire come mai Claude giunge a una certa conclusione. È anche uno strumento di ricerca: confrontando il pensiero interno con la risposta finale, i ricercatori di Anthropic possono studiare meglio il comportamento del modello e identificare incongruenze. L’abilitazione della catena di pensiero esplicita in Claude dimostra quindi un altro aspetto della transizione: non solo far eseguire ragionamenti intermedi alle AI, ma anche esporli in modo controllato quando è utile, fornendo sia maggiore controllo sia insight sul funzionamento interno.

Le implicazioni di questo passaggio dai modelli a risposta diretta ai modelli con ragionamento intermedio sono profonde. In termini di prestazioni, i progressi sono tangibili: compiti che prima risultavano ostici per le AI – come risolvere problemi matematici a più step, comprendere il significato di una domanda trabocchetto, o scrivere codice tenendo conto di specifiche intricate – vengono ora affrontati con successo assai maggiore. Modelli come OpenAI O3 e Google Gemini 2.5 hanno raggiunto o superato lo stato dell’arte su un ampio insieme di benchmark accademici e prove pratiche, segno che la capacità di “pensare prima di parlare” si traduce in risposte più corrette e complete. Le capacità inferenziali ne escono enormemente potenziate: queste AI possono dedurre, pianificare, e persino autocorreggersi durante il processo di generazione della risposta. Ad esempio, riescono a seguire catene logiche lunghe, a tenere presenti più condizioni contemporaneamente, a individuare connessioni nascoste tra dati, il tutto evitando in buona parte quegli errori banali o quelle contraddizioni che un tempo affliggevano le risposte generate automaticamente. Inoltre, l’integrazione di strumenti esterni amplifica il loro problem solving: se una domanda richiede conoscenze aggiornate o calcoli complessi, i modelli ibridi sanno colmare i propri limiti richiamando fonti esterne o routine di calcolo, e incorporando i risultati nel ragionamento. Ciò li rende adatti a contesti d’uso prima impensabili – come assistenti per ricerche accademiche che consultano letteratura in tempo reale, consulenti aziendali che analizzano fogli di calcolo e generano report, o partner di programmazione che non solo suggeriscono codice ma lo eseguono e testano per verificarne la correttezza.

Dal punto di vista dell’utilizzo pratico, questa transizione offre agli utenti maggiore flessibilità e controllo. Si delinea la possibilità di scegliere come vogliamo che l’AI affronti un dato problema: in modalità veloce e diretta, oppure con ragionamento approfondito. OpenAI, Google e Anthropic hanno abbracciato ciascuna un approccio leggermente diverso, ma convergente nell’obiettivo. Con OpenAI oggi uno sviluppatore può decidere di interrogare l’endpoint GPT-4o per ottenere una risposta rapida e generica, oppure chiamare O3 se desidera che il modello “ci pensi su” e fornisca una soluzione più articolata e rigorosa. Google offre all’interno della famiglia Gemini sia l’opzione “Flash” (rapida) che “Pro” (ponderata) in base alle esigenze del task. Anthropic permette dinamicamente di passare dalla modalità standard a quella estesa con un semplice flag, anche all’interno della stessa conversazione con Claude. In sostanza, l’utente ha ora a disposizione un ventaglio di capacità: può ottenere risposte istantanee per domande semplici, ma all’occorrenza può richiedere al modello di adottare un comportamento più simile a un risolutore umano, che dedica tempo a capire il problema a fondo prima di rispondere. Questo si traduce in una versatilità maggiore nel contesto d’uso: gli LLM di nuova generazione non sono più confinati al ruolo di chatbot di risposta spicciola, bensì possono fungere da assistenti altamente sofisticati in domini tecnici, scientifici e creativi. Un ingegnere può chiedere al modello non solo di generare codice, ma di analizzare uno snippet per trovare bug logici nascosti; un analista finanziario può ottenere non solo una previsione, ma vedere anche le assunzioni e i calcoli che l’AI ha compiuto per arrivarci; un insegnante può proporre un problema complesso e usare la spiegazione ragionata del modello come spunto didattico. In tutti questi casi, la catena di pensiero esplicita fornisce un contesto e una profondità di inferenza prima impossibili.

La transizione dagli LLM “a risposta diretta” ai modelli capaci di catene di ragionamento intermedie è un passo fondamentale in direzione di AI più intelligenti e utili. Stiamo assistendo alla nascita di sistemi che combinano divulgazione (risposte comprensibili e ben spiegate) e precisione tecnica (rigore nel ragionamento) in un equilibrio sempre migliore. Senza entrare in considerazioni etiche o di rischio, dal punto di vista tecnico possiamo dire che i grandi modelli stanno imparando a pensare prima di parlare. Il risultato sono prestazioni superiori, una maggiore affidabilità nelle risposte e un ampliamento significativo dei contesti applicativi in cui queste AI possono essere impiegate con successo. I modelli di OpenAI, Google DeepMind e Anthropic – da GPT-4o alla serie O1/O3/O4, da Gemini a Claude – pur con approcci diversi, convergono verso questo paradigma comune: un’AI che sa sia ragionare in modo approfondito sia fornire risposte utili e coerenti, inaugurando una nuova era di sistemi linguistici “pensanti” e sempre più vicini alle capacità di ragionamento umano.