Il 4 novembre 2025 l’Alta Corte di Londra ha sciolto un nodo giuridico atteso da chi sviluppa e utilizza strumenti di intelligenza artificiale generativa. Nella causa Getty Images contro Stability AI, la giudice Joanna Smith ha stabilito che Stable Diffusion, in quanto modello che non contiene copie delle opere tutelate né le riproduce, non rientra nella categoria di “infringing copy” prevista dal diritto d’autore britannico. Questa precisazione incide direttamente su distribuzione, importazione e utilizzo del modello nel Regno Unito, riducendo l’incertezza per aziende, laboratori e startup che costruiscono prodotti sull’ecosistema di generazione di immagini.
Il procedimento era nato da una contestazione ampia e ambiziosa. L’istruttoria ha via via circoscritto il perimetro, fino a concentrare l’attenzione su un profilo di “secondary infringement” legato all’idea che i pesi del modello potessero essere assimilati a un articolo che incorpora copie illecite di opere altrui. La Corte ha respinto questa ricostruzione: la definizione di copia illecita richiede la presenza di opere memorizzate o riproducibili come tali, condizione che non si realizza nel funzionamento del modello. Il risultato è una linea guida chiara per la messa in commercio e l’uso dei modelli generativi in UK, utile per pianificare roadmap tecnologiche, licenze e partnership industriali.
Per chi sviluppa piattaforme e integrazioni, la sentenza offre terreno stabile. La distribuzione di versioni di Stable Diffusion attraverso interfacce web o API può contare su un inquadramento più preciso del rischio giuridico legato al modello in sé. Le energie possono concentrarsi su qualità, controlli di output, auditabilità delle versioni e tracciabilità degli aggiornamenti, con investimenti mirati in moderazione dei prompt, filtri sui watermark e strumenti anti‐confusione. La decisione aiuta anche i team legali a costruire policy d’uso trasparenti senza rallentare la sperimentazione di nuovi casi d’uso in editoria, design, marketing e produzione di contenuti.
Per il mercato, l’effetto immediato riguarda la capacità di pianificare con maggiore serenità l’adozione di generatori di immagini all’interno di flussi creativi professionali. Le redazioni che impiegano sistemi di generazione per moodboard, bozze e varianti grafiche possono impostare contratti e linee guida interne con riferimenti giurisprudenziali più solidi. Anche gli investitori dispongono di un segnale favorevole: l’asset “modello” viene distinto dalla nozione di copia illecita, e questo facilita valutazioni su rischio regolatorio e scalabilità.
Il quadro non esaurisce ogni tema legato al training dei modelli, che rimane materia viva nel dibattito pubblico e nelle aule di giustizia, anche fuori dal Regno Unito. Tuttavia, l’esito di Londra valorizza un principio operativo rilevante per l’innovazione: il modello è un artefatto statistico che codifica relazioni apprese, privo di archivi di immagini così come intese dal diritto d’autore; la responsabilità tende a spostarsi sugli strati applicativi, in particolare sulla prevenzione di segni distintivi in uscita e sulla gestione degli usi commerciali. Questo orientamento consente a imprese e creatori di integrare strumenti generativi in modo più ordinato all’interno dei processi produttivi.
In prospettiva futura, la giurisprudenza britannica fornisce un riferimento utile anche per il confronto internazionale. L’eventuale prosecuzione di contenziosi in altre giurisdizioni potrà prendere in considerazione la distinzione fra modello e copia, facendo emergere convergenze o differenze con regimi legali diversi. Intanto, chi lavora sui prodotti può rafforzare governance dei dati, versioning dei modelli e monitoraggio degli output, capitalizzando una stagione di chiarezza che favorisce sia lo sviluppo tecnologico sia l’adozione professionale di strumenti di intelligenza artificiale generativa.

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