Il 17 luglio 2025, a Tokyo, la finale heuristica dell’AtCoder World Tour ha permesso un confronto diretto fra dodici fra i migliori programmatori del pianeta e “OpenAIAHC”, un modello di ragionamento sviluppato da OpenAI e lasciato operare in completa autonomia per dieci ore, con le stesse regole e la stessa finestra di tempo riservate ai concorrenti umani.
Secondo il resoconto di Andre Saraiva, che ha coordinato l’esibizione per conto di OpenAI, il sistema ha lavorato senza alcun intervento umano, inviando soluzioni in modo continuativo e mantenendo a lungo la vetta della classifica.
Il risultato finale, reso pubblico sulla scoreboard ufficiale, ha visto prevalere il polacco Przemysław Dębiak (“Psyho”) con un punteggio superiore di circa il 9,5 % rispetto a OpenAIAHC; la macchina ha chiuso a quota 42 miliardi di punti.
«This is probably the last time in human history that an AI is outperformed by a real human coder», ha commentato l’analista Alexander Kruel sulle piattaforme social, riassumendo lo stato d’animo di molti osservatori di fronte a una distanza che ormai pare minima.
Il CEO di OpenAI, Sam Altman, si è congratulato pubblicamente con il campione, sottolineando quanto il margine di vittoria sia stato ridotto e lasciando intendere che i prossimi tentativi potrebbero rovesciare l’esito.
Dalle dichiarazioni di Yoichi Iwata, amministratore del contest, emerge un punto chiave: il modello ha eccelso nella ricerca di ottimizzazioni rapide, mentre la soluzione ideata da Dębiak si è distinta per originalità e visione globale del problema.
Nel contesto storico delle sfide uomo‑macchina – da Deep Blue a AlphaGo – l’evento di Tokyo mostra un equilibrio sempre più instabile: l’automazione ha già colmato gran parte dello scarto in compiti di pura ingegneria, ma nelle gare che premiano intuizione strategica e improvvisazione la componente umana conserva ancora un vantaggio, seppure fragile.
Per gli sviluppatori questo episodio suona come un invito a riflettere sulle competenze da coltivare nei prossimi anni: capacità di modellare problemi complessi, verificare risultati inattesi e ideare approcci non convenzionali. Una sinergia fra creatività umana e strumenti di intelligenza artificiale – più che una pura competizione – appare la via più plausibile per continuare a spingere in avanti i confini della progettazione software.

Vibe Coding: Programmare dialogando con l’AI

