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Meta vuole superare l’intelligenza umana: modelli, risorse e guerra dei talenti

Nel 2025 Meta ha avviato una riorganizzazione radicale delle sue attività di intelligenza artificiale, puntando alla realizzazione di una “super intelligenza artificiale”. In un promemoria interno, Mark Zuckerberg – CEO di Meta – ha descritto l’impegno a sviluppare l’AI “superintelligence”, indicando la volontà di creare algoritmi capaci di sorpassare le abilità umane in svariati domini. L’orizzonte è dunque quello di un’AI dal carattere generale, non limitata a un singolo compito, che possa apprendere e ragionare trasversalmente come (e più di) una persona.

Dal punto di vista tecnico e concettuale, questo progetto abbraccia gli approcci più avanzati dell’AI attuale e li spinge oltre. Meta intende sviluppare foundation models di prossima generazione, di scala ancora maggiore rispetto ai precedenti (come la serie LLaMA), integrando capacità multimodali (testo, immagini, video, audio) e di ragionamento avanzato. Un segnale in tal senso è l’interesse dichiarato per l’AI multimodale, ovvero sistemi capaci di generare non solo testo ma anche immagini, video e voce: molti dei nuovi assunti di Meta vantano infatti esperienza proprio in questi campi. Parallelamente, l’azienda punta a migliorare la capacità di reasoning delle sue AI – la facoltà di “ragionare” in più passi prima di rispondere – un elemento chiave emerso nei modelli di OpenAI e altri competitor. Ad esempio, Meta ha reclutato specialisti che hanno lavorato su modelli sperimentali di OpenAI noti per le loro doti di ragionamento (serie o, come OpenAI o3, ritenuto internamente uno dei modelli di reasoning più potenti). Un altro filone tecnologico è l’uso di dati sintetici e tecniche di post-training: Meta ha infatti assunto ricercatori come Shengjia Zhao, esperto nell’impiegare dati generati artificialmente per migliorare l’intelligenza dei modelli, e Hongyu Ren, che guidava in OpenAI un team dedicato all’ottimizzazione dei modelli dopo l’addestramento iniziale. Queste strategie emergenti (dati sintetici, fine-tuning post-addestramento, catene di pensiero simulate) sono considerate sempre più cruciali man mano che si esauriscono i dataset tradizionali e si cercano modi per spingere le performance oltre gli attuali limiti.

Per sostenere questa visione ambiziosa, Meta sta rivoluzionando la propria infrastruttura tecnologica. Zuckerberg ha unificato tutti i team AI esistenti sotto una nuova divisione dedicata – battezzata Meta Superintelligence Labs (MSL) – per concentrare risorse e talenti su questo obiettivo comune. Contestualmente, l’azienda sta investendo somme colossali in capacità computazionale: ha annunciato l’intenzione di spendere fino a 65-72 miliardi di dollari nel 2025 per ampliare l’infrastruttura AI, incluse nuove server farm ad alte prestazioni. Addirittura, a fine giugno Meta risultava in trattative per raccogliere 29 miliardi di dollari da investitori privati (Apollo, KKR, Carlyle e altri) al fine di finanziare la costruzione di un enorme data center dedicato all’AI. In parallelo, Meta ha siglato contratti ventennali per assicurarsi energia elettrica stabile (perfino da impianti nucleari) a supporto di questi centri di calcolo. Questi passi indicano che la scala operativa del progetto sarà imponente: disporre dei migliori chip e di energia sufficiente è visto come requisito essenziale per addestrare modelli di super intelligenza che potrebbero richiedere ingenti potenze di calcolo per emergere.

Obiettivi dichiarati e roadmap del progetto

L’obiettivo dichiarato di Meta è sviluppare nulla di meno che un’AI di livello generale che chiunque possa utilizzare come “assistente” personale nella vita quotidiana. Zuckerberg parla infatti di costruire una “personal superintelligence for everyone”, ovvero mettere il potere di un’AI straordinariamente capace nelle mani di ogni utente. In concreto, Meta immagina applicazioni pervasive di questa tecnologia attraverso i propri prodotti: dall’integrazione in una futura generazione di occhiali smart con assistente AI avanzato, alla creazione di strumenti in grado di generare contenuti per la pubblicità (ad esempio creare immagini o video promozionali su richiesta) fino a assistenti virtuali intelligenti nelle sue piattaforme social. Un primo assaggio si è già visto con Meta AI, il chatbot lanciato all’interno di servizi come Instagram e WhatsApp, ma l’aspirazione è di evolverlo in qualcosa di molto più potente e versatile, capace di comprendere e creare in vari formati multimediali e dialogare con intelligenza quasi umana.

Per ora, Meta non ha divulgato pubblicamente una timeline precisa per il raggiungimento di questa visione – si tratta di un’impresa a lungo termine, un vero moonshot. Tuttavia, i segnali indicano un’accelerazione immediata: Zuckerberg ha definito la spinta verso la super intelligenza come prioritaria “da subito”, riorganizzando l’azienda e stanziando risorse record nel 2025. L’interno di Meta è in fermento: il CEO spera che la nuova unità dedicata permetta di “accelerare” il cammino verso l’AGI, superando l’attuale gap con i concorrenti. Fonti vicine all’azienda riferiscono che Zuckerberg vuole “mettere il turbo” alla ricerca su algoritmi in grado di superare l’intelletto umano, così da non perdere terreno nell’era dell’AI generativa. Questo implica un impegno costante nei prossimi anni: Meta sta scommettendo il suo futuro su questa tecnologia, analogamente a come nel decennio scorso puntò tutto sul mobile e poi sulla realtà virtuale. Non a caso, osservatori come Axios hanno notato che Zuckerberg sta ripetendo il playbook del 2012 (quando si accorse del ritardo di Facebook sul mobile e riallocò l’intera azienda per recuperare) – solo che stavolta la “corsa” non è per colmare una lacuna, ma per prendere la testa nell’innovazione AI.

Va detto che, malgrado l’entusiasmo, Meta arriva in rincorsa: fino a pochi mesi fa la sua reputazione nella generative AI era quella di un “ritardatario” rispetto a OpenAI, Google e altri. I suoi modelli open-source (LLaMA e successori) hanno mostrato potenziale ma non hanno ancora rivoluzionato il mercato, e LLaMA 4 – l’ultimo modello linguistico rilasciato – ha avuto un’accoglienza tiepida rispetto a GPT-4 o ai modelli emergenti di DeepMind. Questa consapevolezza ha spinto Meta ad alzare l’asticella: se il progetto superintelligenza avrà successo, Meta potrebbe ritrovarsi con un vantaggio competitivo enorme, traducibile in nuovi flussi di ricavi e prodotti rivoluzionari. Ad esempio, documenti interni mostrano che OpenAI stima ricavi annuali di oltre 10 miliardi già nel 2025 grazie a ChatGPT e servizi correlati, con proiezioni fino a 125 miliardi nel 2029. Queste cifre – unite alla crescita rapida di rivali come Anthropic – fanno intravedere un mercato futuro di centinaia di miliardi l’anno per chi guiderà la corsa all’AI. Zuckerberg, fiutando l’enormità della posta in gioco, ha deciso che Meta deve essere tra i vincitori di questa gara tecnologica, e non uno spettatore relegato ai margini.

Il “dream team” di esperti reclutati da Meta

Per realizzare una visione tanto ambiziosa, Meta ha messo insieme un vero e proprio “dream team” di esperti in AI, reclutati dalle file dei migliori centri di ricerca al mondo (spesso sottraendoli ai rivali diretti). La nuova unità Meta Superintelligence Labs sarà guidata da due figure di spicco: Alexandr Wang e Nat Friedman. Wang – appena 28 anni, fondatore e ex CEO della startup Scale AI – è stato nominato Chief AI Officer di Meta e avrà il compito di dirigere tutti i programmi di ricerca avanzata sulla super intelligenza. Zuckerberg lo ha definito “il founder più impressionante della sua generazione” e non ha esitato a fare carte false per portarlo a bordo. Infatti Meta, a giugno, ha investito la cifra straordinaria di 14,3 miliardi di dollari in Scale AI, rilevandone circa il 49% delle quote, come parte di un accordo che prevedeva l’ingresso di Wang nei ranghi di Meta. Al fianco del giovane prodigio è stato posto Nat Friedman, noto imprenditore tecnologico ed ex CEO di GitHub: Friedman co-dirigerà il laboratorio e guiderà in particolare lo sviluppo di prodotti AI e la ricerca applicata, per trasformare le scoperte in funzionalità concrete per gli utenti. La coppia Wang–Friedman rappresenta un bilanciamento di talento tecnico e visione imprenditoriale, e riflette l’intenzione di Meta di unire ricerca d’avanguardia e implementazione pratica.

Ma è il parco di ricercatori riuniti intorno a loro che testimonia la portata dell’operazione. Nel solo mese di giugno 2025, Meta ha assunto almeno undici esperti di punta nel campo dell’AI provenienti da organizzazioni rivali come OpenAI, Google DeepMind e Anthropic. Molti di questi nomi sono direttamente legati alle maggiori innovazioni dell’ultimo periodo nell’AI generativa. Ad esempio, Meta ha “sfondato” la porta di OpenAI assumendo alcuni dei creatori di ChatGPT e di GPT-4: tra questi Shengjia Zhao, che in OpenAI è stato co-creatore di ChatGPT e responsabile del team sui dati sintetici, Hongyu Ren, già lead di un gruppo OpenAI dedicato al post-training dei modelli, Jiahui Yu, ex capo del team Perception di OpenAI (specializzato in AI multimodale), Shuchao Bi, che in OpenAI ha co-sviluppato la modalità vocale di GPT-4, e Ji Lin, altro scienziato ricercatore di OpenAI coinvolto nella creazione degli ultimissimi modelli generativi. Ognuno di loro porta competenze chiave: Yu, Bi, Lin e Chang (un’esperta multimodale proveniente da Google e Adobe) rafforzano la capacità di generare immagini e video oltre al testo; Zhao apporta esperienza nel far rendere meglio i modelli grazie a dati sintetici; Ren porta know-how nell’affinare le prestazioni di un’AI dopo l’addestramento iniziale.

Meta non si è fermata qui: ha esteso la campagna di assunzioni anche a Google e ai suoi affini. Dalla divisione DeepMind di Google è arrivato Jack Rae, ricercatore noto per il suo lavoro sui grandi modelli di apprendimento approfondito. Un altro acquisto notevole è Pei Sun, ingegnere che ha lavorato sia su progetti di DeepMind sia come esperto di AI per la guida autonoma in Waymo (la divisione self-driving di Alphabet). E dal concorrente Anthropic – startup fondata da ex OpenAI – Meta ha richiamato Joel Pobar, che oltre ad essere stato responsabile delle infrastrutture di deployment dei modelli di Anthropic, vantava già una decennale esperienza in Facebook (ha guidato team di ingegneria a Menlo Park prima di unirsi ad Anthropic). Completa la squadra un insieme di altri talenti internazionali: ad esempio Trapit Bansal, ricercatore che in OpenAI ha co-creato la serie di modelli “o” focalizzati sul ragionamento complesso; oppure Lucas Beyer e Alexander Kolesnikov, reclutati dall’ufficio di OpenAI a Zurigo, noti per i loro contributi alla visione artificiale, e Zhai Xiaohua, altro scienziato formato tra Cina ed Europa e specializzato in AI avanzata.

Questa lista di nomi eccellenti – molti dei quali giovani brillanti formatisi tra Cina, Europa e Stati Uniti – evidenzia due aspetti. Primo, Meta sta pescando tra gli artefici diretti dei maggiori modelli AI esistenti: parecchi neo-assunti hanno lavorato su GPT-4, su progetti come Gemini (il futuro modello di Google DeepMind), o su innovazioni come l’integrazione della voce e dell’immagine nei chatbot. Secondo, l’azienda di Zuckerberg sta facendo leva su un aspetto identitario: molti di questi scienziati hanno origini cinesi o background internazionali, riflettendo l’ampiezza globale della competizione per i talenti AI. Meta sembra voler diventare una calamita per i migliori cervelli indipendentemente dalla nazionalità, in un momento in cui la supremazia nell’AI ha anche una dimensione geopolitica.

Va notato che Meta stessa ha dichiarato che ulteriori assunzioni verranno annunciate in futuro: il team attuale potrebbe essere solo il nucleo iniziale di una squadra destinata a crescere. L’attenzione mediatica su questo “laboratorio dei sogni” è altissima, perché dalla sua attività potrebbero scaturire avanzamenti cruciali e, di riflesso, un vantaggio competitivo decisivo per Meta nell’arena dell’intelligenza artificiale.

Guerra dei talenti: le strategie (e spese) di Meta per attirare i migliori

Il modo in cui Meta è riuscita a strappare così tanti nomi illustri ai concorrenti ha fatto molto rumore nella Silicon Valley, e viene descritto come un vero “talent raid” miliardario orchestrato in prima persona da Mark Zuckerberg. Le strategie messe in campo dall’azienda sono state aggressive e senza precedenti, inaugurando di fatto una nuova era di compensi stratosferici per i ricercatori di AI. Secondo fonti interne citate da Wired, Meta ha offerto ad alcune star di OpenAI pacchetti retributivi dell’ordine di 300 milioni di dollari su quattro anni, con oltre 100 milioni solo nel primo anno. Queste cifre – che comprenderebbero stipendio, bonus e stock option a vesting accelerato – avvicinano la paga di un ricercatore di AI a quella delle più grandi star dello sport o top manager mondiali. In almeno una decina di casi Meta ha messo sul piatto offerte di questa entità per personale di OpenAI. Si parla perfino di bonus di ingresso da 50 o 100 milioni cash per convincere i candidati a firmare, voci talmente clamorose che Sam Altman, CEO di OpenAI, le ha citate in un messaggio interno accusando Meta di “aver offerto 100 milioni di dollari di bonus” a diversi suoi dipendenti per farsi raggiungere. Meta ufficialmente smentisce l’esagerazione di queste cifre – “il mercato è caldo ma non così caldo”, ha detto ironicamente Andrew Bosworth, CTO di Meta, negando che tutti ricevano 100 milioni up-front e spiegando che solo alcune posizioni di leadership comportano compensi fuori scala. Tuttavia, le fonti giornalistiche autorevoli confermano che i livelli retributivi offerti da Meta sono effettivamente inauditi nel settore tecnologico, con punta massima sui 300 milioni pluriennali.

Oltre al denaro, Meta ha offerto altri incentivi fortissimi. Uno di questi è l’accesso praticamente illimitato alle risorse computazionali più avanzate. Zuckerberg avrebbe assicurato ai nuovi assunti che non dovranno mai preoccuparsi di esaurire la capacità di calcolo o di dover fare la fila per le GPU – un problema reale in laboratori come OpenAI dove i ricercatori spesso faticano a ottenere potenza di calcolo aggiuntiva per esperimenti extra. Questa promessa di “endless access” ai migliori chip AI del mondo (come le costose GPU A100/H100) è un magnete potente per chi fa ricerca di frontiera: significa poter provare idee ambiziose senza i colli di bottiglia delle risorse. Un ricercatore di OpenAI ha ammesso che la prospettiva di avere più GPU a disposizione potrebbe aumentare l’impatto del suo lavoro, anche se il prestigio di OpenAI resta difficile da lasciare. Meta sta insomma dicendo ai talenti: “Venite da noi e vi daremo soldi e mezzi per realizzare qualunque esperimento”.

Zuckerberg in persona si è impegnato nel corteggiamento dei candidati chiave. Secondo quanto riportato da Axios, il CEO di Meta ha invitato potenziali reclute nelle sue residenze private di Palo Alto e Lake Tahoe, dove ha tenuto colloqui faccia a faccia in un contesto informale ma mirato a trasmettere la serietà della sua offerta. Inoltre, Zuckerberg avrebbe contattato direttamente alcuni ricercatori via WhatsApp, facendo sentire la pressione e l’onore di essere scelti in prima persona dal fondatore di Facebook. Questa modalità è altamente insolita e segnala la determinazione quasi spietata con cui Meta sta inseguendo il talento: non delegare solo ai recruiter, ma il CEO in persona che “caccia” i cervelli migliori, ricordando per certi versi le tattiche da M&A (fusioni e acquisizioni) applicate però alle persone anziché alle aziende.

Meta non ha nemmeno esitato a fare grandi mosse societarie pur di assicurarsi figure chiave. Il caso più evidente è l’accordo con Scale AI: di fatto, investendo 14 miliardi per metà della società, Meta ha reso molto ricco Alexandr Wang e al contempo lo ha portato nel proprio organico. Ma ci sono altri esempi: Reuters riferisce che Zuckerberg ha sondato persino la possibilità di acquistare startup emergenti come Safe Superintelligence (SSI), fondata dal celebre Ilya Sutskever (co-fondatore e chief scientist di OpenAI), pur di inglobare sia la tecnologia sia – soprattutto – il know-how dei loro fondatori. In pratica Meta sta dicendo: se c’è un gruppo di talento là fuori che potrebbe accelerare la nostra corsa all’AGI, siamo pronti a mettere sul piatto offerte enormi o acquisizioni. Questa strategia ricorda un po’ quella adottata in passato con Instagram o WhatsApp (comprare ciò che potrebbe diventare una minaccia), ma ora l’“acquisizione” è di capitale umano: Zuckerberg sta comprando cervelli, al prezzo di piccole aziende unicorn e con una rapidità che lascia interdetti gli stessi competitor.

Le conseguenze di questa campagna di assunzioni senza precedenti si fanno sentire in tutta l’industria. OpenAI, la più colpita dall’uscita di personale verso Meta, ha reagito con una certa allarme: il suo Chief Research Officer, Mark Chen, ha scritto ai dipendenti che “sembra quasi che qualcuno sia entrato in casa nostra a rubarci qualcosa”, riferendosi alle defezioni verso Meta. Chen ha assicurato il team che OpenAI adeguerà gli stipendi per trattenere i talenti, ma “senza sacrificare l’equità interna” – segno che non potranno certo offrire 100 milioni di bonus a tutti, pena creare disparità inaccettabili. Sam Altman ha commentato pubblicamente la vicenda con un misto di fastidio e orgoglio: da un lato ha ammesso che Meta “si è presa alcune ottime persone”, dall’altro ha provocatoriamente aggiunto che “non sono riusciti a prendere i nostri migliori in assoluto e hanno dovuto scendere abbastanza in basso nella lista”, definendo chi è andato via come “mercenari” in cerca di denaro, mentre ha elogiato quelli rimasti come “missionari” fedeli alla missione – convinto che alla lunga saranno i secondi a vincere. Questa frecciata fa capire il clima rovente: siamo di fronte a una guerra dei talenti dove le cifre sono talmente alte da sembrare trasferimenti sportivi (non a caso su X/Twitter è girata l’immagine di una “figurina da baseball” con un ricercatore OpenAI “ceduto” a Meta).

In definitiva, Meta sta riscrivendo le regole del reclutamento nel settore tecnologico. Con aziende che ormai investono somme pari al PIL di uno stato per l’AI (si stima che nel 2025 i big tech spenderanno complessivamente 320 miliardi di dollari in AI), il potere contrattuale dei migliori scienziati è schizzato alle stelle. Meta, grazie anche alle sue risorse finanziarie immense, ha alzato la posta a un livello tale che chiunque altro – incluse le istituzioni pubbliche – fatica a competere. Negli USA, ad esempio, già si temeva la difficoltà di ingaggiare esperti AI nel settore governativo, ma ora che “un qualsiasi specialista mediocre può aspirare a decine di milioni”, diventa quasi impossibile attrarre talenti fuori dal giro dei colossi tech. Meta si trova quindi al centro di una trasformazione del mercato del lavoro AI, che potrebbe avere effetti a catena: stipendi insostenibili a lungo andare se non arrivano ritorni colossali, rischio di bolla nei costi, e comunque una forte concentrazione di cervelli in poche mega-aziende.

Dichiarazioni di Zuckerberg e dirigenti sull’importanza del progetto

Mark Zuckerberg ha comunicato ai propri dipendenti – e indirettamente al mondo esterno – che questa scommessa sulla super intelligenza artificiale è di importanza strategica vitale per Meta. Nella nota interna di fine giugno 2025 con cui annunciava la creazione della Meta Superintelligence Labs, Zuckerberg ha esplicitamente sottolineato che il nuovo gruppo si concentrerà su sistemi AI “in grado di competere con gli umani o addirittura superarli” nei compiti intellettuali. Per il fondatore di Facebook si tratta di aprire la strada a una nuova generazione di tecnologie che avranno un impatto pervasivo: un’AI così potente non sarebbe confinata in un supercomputer, ma diventerebbe il motore intelligente dentro i prodotti Meta – “una superintelligenza personale per ognuno”, come l’ha definita – potenzialmente rivoluzionando il modo in cui le persone interagiscono con la tecnologia.

Zuckerberg vede in questo progetto anche la chiave per nuovi modelli di business. Nell’intento di Meta, una super AI potrebbe aprire flussi di ricavi oggi inimmaginabili: pensiamo ad assistenti AI premium integrati in WhatsApp/Messenger per il customer care avanzato, o a strumenti creativi in abbonamento per professionisti (grafica, montaggio video generativo), o ancora a futuri dispositivi AR/VR che offrano un compagno AI intelligente sempre presente. Non a caso, nella visione delineata, Zuckerberg ha menzionato esplicitamente la prospettiva di nuove entrate provenienti da Meta AI (il chatbot interno), da tool di generazione immagini/video per la pubblicità, e dagli occhiali intelligenti potenziati dall’AI. In altre parole, la super intelligenza non è solo ricerca fine a sé stessa, ma il motore per mantenere Meta rilevante e competitiva nell’arco dei prossimi 5-10 anni, creando prodotti innovativi che tengano agganciati miliardi di utenti e inserzionisti.

Pubblicamente, Zuckerberg ha parlato di AI in vari contesti nel 2025, sebbene le dichiarazioni più esplicite sul progetto superintelligence siano trapelate attraverso memos e fonti anonime più che annunci ufficiali. Durante la trimestrale degli utili a maggio, ad esempio, Mark ha evidenziato come Meta stesse aumentando gli investimenti in infrastruttura AI in risposta alle “enormi opportunità” del settore, segnalando agli investitori che la spesa in capex sarebbe salita fino a 72 miliardi per potenziare i data center e l’hardware necessario. Questo è un forte indicatore dell’importanza che assegna all’AI: sta mettendo in conto spese paragonabili a quelle sostenute in anni per Reality Labs (l’unità VR/AR), ma concentrate in un solo anno, a testimonianza della priorità immediata. Zuckerberg ha anche fatto paralleli storici, ricordando come in passato Meta ha dovuto inseguire innovazioni guidate da altri (il mobile, le piattaforme di messaggistica) e di come invece adesso vuole essere in testa nella prossima trasformazione tecnologica. Internamente avrebbe detto al suo staff che non vuole ripetere l’errore di essere colti di sorpresa: se l’AGI è il “Santo Graal” dell’AI, Meta deve guidare la spedizione per trovarlo.

Altre figure di Meta hanno rilasciato commenti che fanno eco alla visione di Zuckerberg. Andrew Boz Bosworth (CTO) ha cercato di motivare i dipendenti dicendo che quella in corso è una competizione cruciale ma che Meta sta dimostrando di saper attrarre i leader giusti, ridimensionando però le aspettative sul fatto che tutti diventino milionari da un giorno all’altro (a conferma che solo pochi ruoli chiave hanno pacchetti stratosferici). Yann LeCun, il celebre scienziato capo dell’AI in Meta, ha espresso una nota di realismo: pur supportando la missione, LeCun ha dichiarato pubblicamente che “i metodi attuali non saranno sufficienti da soli a raggiungere il sacro Graal dell’AI”, segnalando che per arrivare davvero alla super intelligenza serviranno nuove idee e probabilmente scoperte scientifiche non banali. Questa posizione evidenzia che, sebbene Meta sia lanciata verso l’AGI, c’è consapevolezza che non sarà un traguardo facile né garantito. Anche altri osservatori, come il fondatore di SoftBank Masayoshi Son, hanno opinioni sul quando vedremo una vera AGI: Son, ad esempio, prevede il traguardo entro il 2035, suggerendo quindi che Meta potrebbe trovarsi in un percorso di 5-10 anni almeno. Zuckerberg non ha dato orizzonti temporali espliciti, ma l’entità degli investimenti e l’urgenza nel costruire il team indicano che egli si aspetta progressi rapidi, forse già nei prossimi 1-2 anni sul fronte di prototipi più avanzati, e nel giro di pochi anni su applicazioni tangibili.

In termini di impatto previsto, Zuckerberg e i dirigenti Meta descrivono la super AI come una svolta epocale, qualcosa che potrebbe ridefinire il rapporto tra umani e tecnologia. Se “giving people superpowers” è da sempre un motto a Menlo Park, una vera super intelligenza personale sarebbe la concretizzazione più letterale di quel motto: dare ad ogni utente una sorta di copilota cognitivo iper-sapiente, in grado di amplificare creatività, produttività e conoscenza a livelli mai visti. Zuckerberg ha sottolineato come l’AI stia entrando in una fase in cui può “aiutare miliardi di persone in modi profondi”, dal risolvere problemi quotidiani all’affrontare sfide globali (educazione, sanità, ecc.), e Meta vuole essere il volano di questo cambiamento, guidandolo in senso positivo. Certo, riconosce anche le sfide etiche e sociali: una super intelligenza “per tutti” implica responsabilità enormi in termini di sicurezza, affidabilità e accessibilità, temi su cui Meta dice di voler essere proattiva. Non a caso, portando Nat Friedman (noto investitore e tecnofilo) e consultando figure esterne, Zuckerberg sembra intenzionato a bilanciare l’incredibile potenziale con le dovute precauzioni e una visione di lungo periodo che mantenga l’AI “safe” e al servizio dell’umanità.

In pochi mesi abbiamo visto Meta rivoluzionare la propria organizzazione, investire cifre colossali e scatenare una corsa all’oro dei talenti pur di posizionarsi all’avanguardia dell’AI. L’idea di fondo – dotare ogni persona di un assistente AI ultra-intelligente – suona come fantascienza ma è presa estremamente sul serio da Mark Zuckerberg, che la considera la prossima big thing dopo lo smartphone e il social networking. Se Meta riuscirà nell’impresa, potrebbe emergere come il dominatore della nuova era dell’AI, definendo standard e detenendo asset tecnologici difficilmente eguagliabili dai concorrenti. Al contrario, se questa scommessa dovesse fallire o ritardare troppo, l’azienda rischierebbe perdite ingenti (sulla scia dei 60+ miliardi già bruciati in AR/VR senza risultati commerciali proporzionati). Zuckerberg però sembra disposto a correre il rischio: la sua convinzione – espressa implicitamente nelle azioni e nelle parole – è che non partecipare pienamente alla corsa alla super intelligenza sarebbe, per Meta, un errore esistenziale. E per questo, ha messo sul piatto tutto: visione, denaro, talento e la sua stessa reputazione di leader tecnologico. Il mondo osserverà nei prossimi mesi e anni se questa audace accelerazione produrrà l’AI che cambierà per sempre il panorama tecnologico, realizzando la promessa di una “super intelligenza artificiale per ognuno di noi”.