Come potrebbe l’intelligenza artificiale superare l’umanità entro il 2035? Un sorpasso storico che William MacAskill, filosofo scozzese legato alla corrente dell’altruismo efficace, considera concreto e legato a processi già in atto. A suo giudizio non si tratta di un evento improvviso, si sviluppa come una trasformazione progressiva che nasce dall’evoluzione del software, dalla crescita della capacità computazionale, dall’espansione delle infrastrutture e dalla competizione tra attori economici e politici. È un percorso scandito da fasi osservabili e ancorato a decisioni che vengono prese nel presente.
MacAskill descrive una dinamica ordinata e riconducibile a passaggi verificabili, lontana da narrazioni allarmistiche. Il punto di partenza è l’evoluzione dei modelli di intelligenza artificiale, che aumentano la loro capacità di elaborare dati e risolvere problemi con rapidità crescente. Quando l’apprendimento guidato dall’uomo lascia spazio all’autonomia nella ricerca di nuove soluzioni, la velocità di avanzamento cambia natura. Entra in gioco la ricorsività: i modelli generano miglioramenti tecnici che vengono reinseriti nello sviluppo successivo, generando versioni più efficaci a intervalli sempre più brevi. La traiettoria tecnologica, inizialmente lineare, assume un andamento accelerato e riduce il tempo necessario per introdurre innovazioni in grado di trasformare interi settori economici. In questo scenario, chi dispone di grandi infrastrutture computazionali, basi dati proprietarie e competenze ingegneristiche avanzate consolida un vantaggio rilevante e diventa un punto di convergenza per investimenti e talenti.
Dopo la fase cognitiva nasce l’esigenza materiale di sostenere questa crescita. L’intelligenza artificiale non opera nel vuoto. Per funzionare necessita di infrastrutture fisiche complesse. Data center ad alta densità energetica, sistemi di raffreddamento, reti elettriche stabili e forniture costanti di componenti hardware sono elementi indispensabili. Questa fase determina la distribuzione geografica del potere tecnologico, perché solo i Paesi con una base energetica robusta e con catene di fornitura sicure possono sostenere l’espansione dell’intelligenza artificiale su larga scala. In questo contesto si sviluppano progetti per nuove centrali elettriche, linee ad alta capacità e poli industriali dedicati alla produzione di componenti critici come chip e robotica.
La competizione internazionale influenza questa traiettoria. Stati Uniti e Cina avanzano nella ricerca e nello sviluppo dell’intelligenza artificiale spinti dalla consapevolezza che il primo a raggiungere un vantaggio stabile avrà la capacità di fissare standard e regole globali. Nessuno dei due blocchi intende rallentare il passo perché considera inevitabile che l’altro prosegua. Questo riduce lo spazio per pause strategiche condivise. Un eventuale rallentamento coordinato, basato su limiti alla costruzione di nuovi impianti o alla distribuzione di infrastrutture critiche, resta possibile solo tramite accordi informali e su basi pragmatiche, senza trattati onerosi. Tuttavia il contesto politico attuale rende difficile immaginare una convergenza stabile su questo fronte, poiché la sicurezza tecnologica è percepita come prioritaria da entrambe le potenze.
Questa logica attraversa anche il settore privato. La prima fase della nuova corsa tecnologica ha visto una forte esposizione mediatica di OpenAI, che ha diffuso strumenti di intelligenza artificiale generativa su larga scala. Ma la competizione è più ampia. Alphabet con Google DeepMind incrementa la propria capacità tecnica grazie a una combinazione tra ricerca interna e sviluppo di hardware personalizzato. Anthropic lavora su modelli orientati alla robustezza e alla prevedibilità, mentre aziende come Microsoft e Amazon integrano nei loro ecosistemi funzioni avanzate di intelligenza artificiale con un accesso diretto a enormi capacità cloud. Anche xAI entra nella competizione con una strategia diversa, basata sull’idea di sistemi meno filtrati e con maggiore libertà operativa. Il quadro complessivo evidenzia un settore che tende al consolidamento industriale ma mantiene margini di movimento per nuovi attori capaci di introdurre innovazioni radicali.
L’impatto economico segue due fasi. Nella transizione iniziale cresce la domanda di lavoro umano nelle attività collegate all’espansione delle infrastrutture. Tecnici, operatori, installatori e manutentori diventano fondamentali per sostenere la costruzione dei sistemi necessari alla diffusione dell’intelligenza artificiale. In questa fase la forza lavoro umana resta essenziale per numerose attività operative. Con il consolidamento della rete di infrastrutture, il ruolo umano si riduce progressivamente. La produttività cresce per effetto combinato di software e hardware avanzati. La conseguenza è una riduzione graduale del valore di mercato di molte mansioni. MacAskill non propone di rallentare l’automazione e suggerisce di intervenire sul modo in cui il valore generato viene distribuito. Introduce l’idea di risorse di base universali, che si distinguono dal reddito garantito perché non sono trasferimenti fiscali periodici, bensì quote di proprietà nei sistemi produttivi. Questa impostazione consente di distribuire direttamente il valore proveniente da risorse globali oggi prive di titolarità privata, come certe aree marine, infrastrutture orbitali o impianti energetici costruiti fuori dall’atmosfera.
La riorganizzazione del potere produttivo si riflette sulle istituzioni. La progressiva delega di compiti complessi a sistemi automatici modifica l’equilibrio tra struttura economica e struttura politica. Il lavoro umano perde centralità come leva contrattuale. Anche le forze armate possono subire trasformazioni, soprattutto se strutturate su reti autonome di decisione e difesa. In assenza di meccanismi di controllo chiari, queste trasformazioni possono rafforzare minoranze decisionali dotate di accesso esclusivo ai sistemi avanzati. MacAskill osserva che la sopravvivenza dei sistemi democratici nella forma attuale non è garantita. La stabilità politica richiede un adattamento istituzionale capace di integrare l’automazione evitando concentrazioni di potere difficili da contrastare. Il rischio maggiore deriva da un progressivo spostamento di funzioni e responsabilità verso strutture tecniche opache.
Sul piano della robotica emerge un quadro differenziato rispetto al software. La sostituzione totale del lavoro fisico richiede tempo. Le macchine devono raggiungere livelli elevati di destrezza motoria, adattabilità e capacità tattile. Occorre inoltre sviluppare una produzione di massa che riduca i costi unitari dei robot. Finché questi fattori non convergono, continuerà una lunga fase mista in cui esseri umani e macchine cooperano. Gli esseri umani manterranno un vantaggio in attività che richiedono flessibilità cognitiva e movimento in ambienti complessi.
In questa traiettoria diventa centrale il tema della governance tecnologica. Le aziende sviluppano modelli capaci di spiegare parzialmente i propri processi interni tramite linguaggio naturale. Questa caratteristica facilita il controllo tecnico e riduce l’opacità. Parallelamente prosegue un’altra tendenza: molte organizzazioni nate con finalità non-profit convertono la loro struttura giuridica per accedere a capitali privati e competere con maggiore forza nel mercato globale. Si apre così un conflitto tra logica industriale e responsabilità pubblica. Le scelte compiute in questa fase influenzeranno per decenni il rapporto tra imprese tecnologiche, governi e utenti finali.
Superare l’umanità significa collocare l’intelligenza artificiale in una posizione funzionale superiore all’intelligenza collettiva media. Questo implica cedere ai sistemi una parte della progettazione dei processi sociali, della produzione e della sicurezza. MacAskill considera questa possibilità concreta e legata a una catena di processi che uniscono software, infrastrutture, economia e istituzioni. Tutti i passaggi sono reversibili solo entro una certa soglia temporale. Le decisioni prese oggi determinano le condizioni operative di domani. Il percorso non è predeterminato e resta aperto a evoluzioni differenti. Il modo in cui verrà gestito dipende da scelte politiche, accordi industriali e forme di cooperazione internazionale ancora da costruire.

