Il patrimonio custodito da Rai Teche è descritto da numerose fonti istituzionali come il più vasto archivio audiovisivo italiano, una memoria nazionale che raccoglie decenni di produzione radiofonica e televisiva. Le stime variano tra alcuni milioni di ore e oltre cinque milioni di documenti audiovisivi, comprendendo materiali di natura eterogenea: filmati, registrazioni radio, fotografie, copioni, metadati editoriali e schede tecniche. Si tratta di un insieme che attraversa generazioni, linguaggi e contesti culturali, costituendo una mappa dettagliata della vita pubblica italiana dal dopoguerra a oggi. La scala temporale e la ricchezza dei generi, dai telegiornali ai programmi di approfondimento, dalle produzioni teatrali alle rubriche musicali, offrono un quadro unico per comprendere l’evoluzione del linguaggio, delle forme narrative e della società. Questo patrimonio costituisce al tempo stesso una base di studio e una risorsa di grande valore per l’innovazione tecnologica, in particolare per i modelli di intelligenza artificiale che operano sul linguaggio e sull’immagine.
Il processo di digitalizzazione di questo archivio è iniziato da oltre un decennio e ha richiesto un impegno costante in termini tecnici e logistici. Le fasi operative hanno incluso la conversione dai supporti analogici storici, la pulizia e il restauro del segnale, la conservazione in formati digitali durevoli, l’indicizzazione nel catalogo multimediale interno e la progressiva apertura di selezioni per la fruizione pubblica. Oggi una parte significativa del catalogo è già disponibile in forma digitale, consultabile integralmente nelle sedi Rai e parzialmente online attraverso portali dedicati e piattaforme come RaiPlay. Ogni documento viene accompagnato da schede descrittive, parole chiave e riferimenti incrociati che consentono ricerche tematiche e percorsi cronologici. Il ritmo della digitalizzazione è in crescita grazie ai piani straordinari di recupero dei materiali più fragili, e la prospettiva di una completa conversione, anche se ancora lontana, è ormai stabilmente tracciata all’interno dei programmi di investimento dell’azienda pubblica.
L’idea di utilizzare un patrimonio di questa portata per addestrare modelli di intelligenza artificiale apre scenari di grande interesse scientifico e culturale. Dal punto di vista linguistico, la quantità di dialoghi, interviste, narrazioni e testi informativi fornirebbe un corpus ineguagliabile per l’apprendimento di un italiano autentico, ricco di varianti regionali e registri sociali. Le trascrizioni, se curate con attenzione filologica, permetterebbero a un modello linguistico di cogliere l’intonazione reale, la fluidità del parlato, i tratti idiomatici e l’evoluzione dei modi di dire nel tempo. Parallelamente, l’enorme mole di immagini e video renderebbe possibile un addestramento multimodale che metta in relazione parola, suono e rappresentazione visiva. I modelli così formati sarebbero capaci di riconoscere con maggiore accuratezza i contesti comunicativi, interpretare la gestualità, identificare oggetti, ambienti e grafiche televisive, migliorando la comprensione visiva e il ragionamento basato su sequenze temporali. La dimensione musicale, con la varietà di registrazioni e composizioni originali, aggiungerebbe un ulteriore livello di apprendimento, utile per analisi timbriche, strutture ritmiche e generazione di contenuti audio di alta fedeltà. Tutto ciò rafforzerebbe la competenza linguistica e culturale dei modelli, trasformando la lingua italiana in una matrice viva, capace di esprimere la sua complessità attraverso un addestramento eticamente e tecnicamente guidato.
A fronte di queste potenzialità emergono questioni giuridiche complesse. Ogni singolo contenuto custodito nelle Teche Rai è protetto da diversi strati di diritti: quelli d’autore sugli autori dei testi e delle opere, quelli connessi degli interpreti e degli esecutori, i diritti del produttore e quelli dell’emittente sul segnale trasmesso. Il diritto europeo, in particolare la Direttiva 2019/790, ha introdotto regole specifiche per l’estrazione automatica di testo e dati, definendo le eccezioni di text and data mining per finalità di ricerca e le condizioni per usi commerciali. Gli enti di ricerca possono operare liberamente su contenuti a cui abbiano accesso legittimo, mentre gli attori privati devono verificare che non sia stato esercitato un opt-out dai titolari dei diritti. L’Italia ha recepito integralmente queste norme, ma il regime di riuso non si applica automaticamente ai servizi pubblici radiotelevisivi, che restano fuori dal campo degli open data. Perciò, l’impiego dell’archivio RAI per addestrare modelli linguistici o multimodali richiederebbe accordi specifici e licenze dedicate, oltre al rispetto delle norme sulla privacy quando nei materiali sono presenti persone identificabili. Il contesto giuridico non costituisce un ostacolo assoluto; definisce una cornice di regole che impone trasparenza, compensazione economica e tracciabilità delle fonti.
Un progetto nazionale orientato a valorizzare questo patrimonio potrebbe seguire un percorso graduale e sostenibile. La prima tappa consisterebbe nella creazione di un accordo quadro tra Stato, Rai e le principali società di gestione collettiva per stabilire le condizioni d’uso dei segmenti d’archivio con diritti centralizzati, come telegiornali, documentari, rubriche di approfondimento e produzioni originali interne. Parallelamente, gli istituti del patrimonio culturale potrebbero attivare programmi dedicati ai fondi fuori commercio, utilizzando i meccanismi di licenza collettiva e opt-out previsti dalla normativa europea. La costruzione tecnica del corpus richiederebbe strumenti di estrazione controllata, deduplicazione, registri di provenienza e versionamento costante dei dataset, in modo da garantire un uso trasparente e revocabile delle opere. A ciò si affiancherebbe un canale volontario aperto a produttori, musicisti e autori che intendano contribuire alla creazione di un corpus linguistico e audiovisivo aperto, sostenuto da licenze chiare e interoperabili. Un’iniziativa di questa natura avrebbe effetti rilevanti sulla qualità dei modelli di intelligenza artificiale in lingua italiana, rafforzerebbe l’autonomia tecnologica del Paese e consoliderebbe un equilibrio tra tutela dei diritti e innovazione. La complessità del quadro giuridico rende difficile procedere con scorciatoie, ma una politica culturale lungimirante potrebbe trasformare le Teche Rai in un motore di conoscenza condivisa, capace di unire ricerca, industria e memoria collettiva in un unico ecosistema digitale.
