Google ha attivato AI Mode anche in Italia l’8 ottobre 2025, all’interno del più ampio rollout globale che ha esteso questa modalità di ricerca conversazionale in oltre 200 territori e più di 35 lingue. Questa funzione modifica l’esperienza di ricerca alla base di Google: la tradizionale lista di link viene sostituita da risposte costruite direttamente in pagina utilizzando modelli di intelligenza artificiale generativa con citazioni e collegamenti alle fonti consultate. AI Mode nasce da una trasformazione tecnologica iniziata anni fa e oggi visibile a tutti, perché l’interazione con la ricerca ha superato il semplice uso di parole chiave ed è evoluta in un dialogo continuo.

È necessario distinguere AI Mode da AI Overviews per evitare semplificazioni diffuse nel dibattito italiano. AI Overviews è un riquadro informativo che appare in cima ai risultati tradizionali e offre un riassunto sintetico con fonti correlate. AI Mode è un’evoluzione più profonda: sostituisce l’intera pagina di ricerca con un ambiente conversazionale, spostando i link delle fonti in una colonna laterale e lasciando al centro la risposta generata. Questo porta l’utente a interagire direttamente con i contenuti senza dover scorrere pagine di risultati. Si tratta di un passaggio strutturale, non cosmetico, che modifica il rapporto tra utenti, informazioni e motori di ricerca.
L’arrivo di AI Mode in Italia ha scatenato proteste da parte di molte testate giornalistiche e associazioni editoriali, che hanno presentato un reclamo formale all’Agcom contro Google. Le accuse ruotano attorno a tre punti principali: perdita di visibilità delle fonti editoriali, calo del traffico organico e conseguente diminuzione dei ricavi pubblicitari. Questa posizione include richiami al Digital Services Act e richieste di intervento normativo. Tuttavia, trasformare un cambiamento tecnologico in un caso giudiziario non risolve la questione centrale: come si adatta un settore industriale quando cambia il modo in cui gli utenti accedono alle informazioni.
Nel nostro articolo pubblicato l’8 luglio 2025 abbiamo già chiarito che le lamentele non costituiscono una strategia e non riportano indietro il mercato. L’editoria europea, che per anni ha difeso posizioni acquisite senza rinnovare modelli produttivi e distributivi, si trova ora davanti a una transizione inevitabile. Il clima di protesta verso Google è la reazione di chi cerca protezione attraverso la regolamentazione (a proprio favore) invece di competere sulla qualità e sull’efficienza.
Google non sta improvvisando. I modelli transformer, oggi alla base di AI Mode, sono stati introdotti nel 2017 da un gruppo di ricercatori Google nel paper “Attention Is All You Need”. Quella ricerca ha dato il via alla moderna intelligenza artificiale generativa. Dopo aver contribuito alla nascita di questo paradigma tecnologico, Google sta ora applicandolo nei propri prodotti. Si tratta di un diritto pienamente legittimo: un’azienda che investe nella ricerca scientifica può implementare i risultati nei suoi servizi senza dover chiedere permesso a chi teme di perdere traffico web.
Il contesto competitivo conferma che non esiste alcun monopolio informativo. Microsoft sta integrando Copilot a livello di sistema operativo in Windows 11, trasformandolo in uno strumento presente in ogni applicazione, incluso il browser Edge. Perplexity, che si definisce “answer engine” anziché motore di ricerca, ha lanciato il browser Comet (oggi gratuito) e ha stretto accordi per comparire come opzione di ricerca su Firefox. OpenAI ha già mostrato con ChatGPT come un assistente possa diventare alternativa alla ricerca classica. In uno scenario così dinamico, Google sta difendendo la propria posizione in un contesto competitivo reale in cui altri attori avanzano rapidamente.
Chi oggi denuncia AI Mode finge di non aver visto due anni di segnali evidenti. Il 23 marzo 2023 OpenAI annunciava i plugin di ChatGPT, tra cui quelli per esplorare il web. Era già chiaro che la ricerca stava entrando in una nuova fase, in cui le risposte avrebbero avuto un ruolo primario rispetto alla semplice lista di link. In quel momento l’editoria italiana e una parte di quella europea avrebbero potuto studiare il cambiamento, preparare infrastrutture digitali più moderne, ridurre la dipendenza dalla pubblicità aggressiva e costruire contenuti realmente competitivi. Invece si è preferito ignorare la trasformazione in atto.
La crisi dell’editoria online non nasce con AI Mode. Da anni molti siti di informazione hanno sacrificato chiarezza e qualità in nome del clickbait, pubblicando titoli esasperati, articoli con poco contenuto reale e pagine cariche di pubblicità invasiva. Questo approccio ha logorato la fiducia dei lettori e reso i siti difficili da navigare. Le conseguenze sono misurabili: sessioni più brevi, aumento della frequenza di rimbalzo, perdita di lettori abituali. AI Mode non ha creato questo problema; lo mette semplicemente in evidenza.
Per chi non conosce il tema, è utile chiarire cosa fa AI Mode. L’utente scrive una domanda e ottiene una risposta che unisce parti provenienti da diverse fonti online. Ogni informazione presente viene accompagnata da riferimenti cliccabili che rimandano ai siti originali. L’interazione continua con nuove domande e richieste di approfondimento senza uscire dalla pagina. Questo sistema mantiene i link alle fonti e li organizza in modo diverso rispetto al passato.
AI Mode utilizza modelli generativi aggiornati da Google e legittimamente addestrati su grandi quantità di informazioni, consentendo all’utente di ottenere piani operativi, confronti strutturati e riepiloghi sintetici. Questo è un vantaggio rispetto alla ricerca tradizionale, che costringeva a navigare tra molte pagine. La sintesi generativa accelera l’accesso ai contenuti e valorizza le fonti che offrono dati e informazioni solide.
Una parte dell’editoria digitale ha scelto per anni di operare con modelli basati sulla quantità e non sulla qualità: produzione massiva di articoli superficiali, sovraccarico pubblicitario, assenza di criteri editoriali consistenti e linee faziose orientate al conflitto. Questo modello oggi non regge più perché l’utente non resta su siti inutili. La qualità non si dichiara con un comunicato stampa, si misura sul campo.
La sostenibilità editoriale si costruisce con contenuti verificabili, una struttura tecnica adeguata, una buona organizzazione delle informazioni e un rapporto diretto con i lettori. I motori conversazionali come AI Mode esaltano chi offre valore reale e penalizzano chi pubblica materiali costruiti solo per ottenere impression pubblicitarie.
AI Mode è una realtà già pienamente operativa in Italia e il suo utilizzo crescerà perché offre efficienza informativa. I reclami e le proteste rallentano solo la discussione, non il progresso tecnologico. Microsoft continuerà a integrare Copilot, Perplexity continuerà a crescere, OpenAI continuerà a innovare con ChatGPT. Google come i propri concorrenti continuerà a sviluppare l’intelligenza artificiale generativa e agentica, senza temere multe o improbabili stop dai tribunali.
